Attualità

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di Matteo Cantile

La Procura di Genova non sta indagando su Primocanale, né peraltro ha mai dichiarato di volerlo fare: sembra una precisazione quasi stravagante, visto che buona parte della stampa nazionale e locale continua a ripeterlo, come se fosse normale scrivere bugie su un quotidiano.

Nell’ambito della maxi inchiesta sulla presunta corruzione che ha portato ai domiciliari, tra gli altri, il presidente di Regione Giovanni Toti, i magistrati genovesi vogliono fare chiarezza su un punto ben specifico che non ha nessun legame con l’attività giornalistica di Primocanale basandosi su un'unica intercettazione ambientale di qualche minuto.
I pubblici ministeri titolari dell’inchiesta sospettano, infatti, che una parte dei passaggi pubblicitari acquistati dalla società Esselunga sul maxi schermo situato sulla sommità del grattacielo Piacentini, gestito da una società che si chiama Terrazza Colombo, siano stati in realtà “regalati” alla Lista Toti che, in occasione delle ultime elezioni amministrative di Genova, sosteneva il candidato sindaco Marco Bucci.

L’unico aspetto che lega questa storia a Primocanale è che l'azionista di riferimento della nostra azienda è lo stesso di Terrazza Colombo, Maurizio Rossi. Per intenderci, John Elkann, attuale editore di Repubblica e Secolo XIX, vende automobili: se una qualunque procura dovesse aprire un’inchiesta su Fiat-Stellantis sarebbe non solo scorretto ma anche falso inserire in quella vicenda l’attività giornalistica dei due quotidiani.

Nessuno, tranne evidentemente alcuni giornali, ha messo in discussione l’integrità del lavoro della nostra redazione ed è semplicemente diffamatorio il tentativo di farlo. La vicenda che riguarda Terrazza Colombo, Esselunga e la Lista Toti sarà chiarita, com’è giusto che sia, nelle sedi giudiziarie. Primocanale, al contrario, non sarà chiamata a fornire nessuna spiegazione, poiché nessuna contestazione gli è stata mossa.

Il Fatto Quotidiano, poi, ha deciso di riesumare oggi una storia già pubblicata dal Secolo XIX e già smentita da chi vi scrive (smentita, peraltro, pubblicata integralmente dal quotidiano di piazza Piccapietra): il giornale diretto da Marco Travaglio, in un articolo a firma Marco Grasso, è infatti tornato su alcune dichiarazioni prive di alcun fondamento rilasciate dall’allora candidato sindaco per il centro sinistra Ariel Dello Strologo. Il politico (e celebre avvocato) avrebbe dichiarato che l’editore di Primocanale Maurizio Rossi gli avrebbe chiesto “50 mila Euro per gli spot elettorali” e avrebbe aggiunto che anche “l’assiduità delle interviste giornalistiche” era legata ai contributi economici che Dello Strologo sarebbe stato disposto a fornire.

Questa ricostruzione non ha alcun senso e sarà nostra cura accertarci che le dichiarazioni riportate oggi dal Fatto siano solo una rielaborazione di quelle già rese al Secolo XIX: perché se errare è umano perseverare è diabolico e non vorremmo che Dello Strologo stesse insistendo in una personale campagna diffamatoria che non è comprensibile.

Gli spot che possono accompagnare le campagne elettorali dei diversi candidati (ne avete avuto l’esempio nelle settimane di avvicinamento alle elezioni europee) non hanno relazione alcuna con le interviste che vengono realizzate dai giornalisti: si tratta di passaggi autogestiti, vere e proprie pubblicità che vengono trasmesse separati dagli annunci commerciali. I costi attribuiti a tali passaggi sono pubblici, depositati, come previsto dalla normativa di settore, presso la sede dell'emittente e sono a disposizione di ogni soggetto politico che ne faccia richiesta.

Le interviste politiche giornalistiche, invece, sono regolate dalla legge sulla cosiddetta ‘Par condicio’ e sono sottoposte al controllo di Agcom e Corecom: a ogni partito, lista o coalizione deve essere garantito lo stesso minutaggio e Primocanale non ha mai avuto in proposito nessuna contestazione. Nello specifico Ariel Dello Strologo e Marco Bucci hanno avuto lo stesso numero di interviste, tutte realizzate dal sottoscritto nel pieno rispetto della deontologia professionale: è capitata in passato qualche contestazione segnalataci dal Corecom su denuncia di qualche candidato e abbiamo sempre provveduto a riequilibrare gli spazi per differenze peraltro di pochi minuti.

E’ esattamente ciò che successo durante l’ultima campagna elettorale per le elezioni Europee: avrete certamente visto in televisione una serie di messaggi a pagamento, che per gli utenti sono spot elettorali (acquistati a costi uguali per tutti da chi lo desiderava, come già spiegato) e poi una serie di interviste condotte dai giornalisti di Primocanale che hanno dato spazio a tutti i partiti nello stesso modo.

Il tutto seguendo le anacronistiche regole della normativa in tema di par condicio, che andrebbe, dopo circa 30 anni, modificata e adeguata al mondo social, web e altri mezzi di comunicazione (compresi i quotidiani) che non devono sottostare alla stringente normativa a cui rimangono invece sottoposte le televisioni nazionali e locali. Abbiamo sempre seguito le regole anche nel tentativo di mettere gli elettori nelle migliori condizioni possibili per potere esercitare in piena consapevolezza il proprio diritto di voto.

Insinuare che la redazione di Primocanale non rispetti le norme o, peggio, sia al servizio di una o l’altra parte politica è una stupidaggine che non siamo più disposti a tollerare.