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di Franco Manzitti

GENOVA-Ero molto curioso di leggere i nomi della giunta che Bucci avrebbe messo insieme per il suo mandato bis. Il secondo mandato è sempre più difficile del primo, anche per una questione di squadra, da cambiare e quanto e come. Lo fu per Fulvio Cerofolini, sindaco della Prima Repubblica. E lo fu anche per Beppe Pericu, che affrontò i suoi secondi cinque anni in piena Seconda Repubblica. Già tra quelle due esperienze c’era la differenza del sistema partitico. Figuriamoci oggi che non sappiamo neppure se chiamare partiti i “gruppi” che hanno partecipato alle elezioni e ottenuto i loro risultati imponendo sulla scena donne e uomini pescati in una società tanto diversa e in un elettorato tanto dimagrito.

La curiosità del vecchio cronista era soprattutto dettata dal fatto che per tutta la campagna elettorale il candidato sindaco aveva battuto un chiodo in modo insistente e forte: ci aspetta un periodo eccezionale nel quale avremo enormi risorse da spendere per cambiare la città, una specie di “Piano Marshall al pesto”, destinato a incidere profondamente nella storia di Genova.

E allora c’era da chiedersi: di fronte a tanto grande sfida, sommata a quella di migliorare la città anche nelle sue emergenze “tradizionali”, i servizi sociali, le manutenzioni, i giovani, gli anziani, eccetera eccetera, di fronte a queste montagne russe, Bucci troverà le donne e gli uomini giusti, libererà il suo estro decisionista o dovrà restare nello steccato che i partiti, i movimenti (chiamiamoli pure così) gli dettano?

Gli altolà erano arrivati subito, soprattutto da parte di Fratelli d’Italia con Giorgia Meloni in persona, che aveva preventivamente chiesto spazio per i suoi. Vincenti sicuramente, ma da equilibrare con tutto il resto.

Quali erano le doti tattiche e strategiche du “scindecu cu’ cria”? Sappiamo bene che la politica manovriera non è la sua passione e che mediare non è proprio la sua arte principale. Ma non bisognava dimenticare che al suo fianco c’è sempre stato il presidente Giovanni Toti, uno che in quel modo di fare politica ci sguazza come un pesce. Conclusione: la nuova giunta è uscita ben sfilettata e anche in tempi rapidi, senza strappi, magari qualche delusione, di qualche escluso o esclusa, e con tutti gli alleati ben placati dei ruoli ottenuti.

Ma resta il problema iniziale: questa è la squadra giusta per affrontare la grande svolta genovese? Ha uomini e donne sufficientemente collaudati e le deleghe affidate combaciano con le competenze dei prescelti?

Sicuramente rimane il serio problema della Cultura, che sia io che Mario Paternostro abbiamo già più volte qui segnalato e rispetto al quale Bucci si è preso forse un po’ troppo prudentemente del tempo, lasciando intanto in piedi la vecchia impalcatura di consulenti, che non è un grande segnale di cambio.

Scontata l’esperienza di Picciocchi e di Campora, che restano pur  sempre molto appesantiti sotto la montagna delle loro deleghe, la sfida più forte riguarda la neo assessora ai Servizi Sociali, Lorenza Rosso e Mauro Avvenente, il super navigato assessore alle Manutenzioni e ai Centri Storici, insieme all’avvocato Mario Mascia, che mette insieme Urbanistica, Lavoro e Sviluppo Economico.

Roba da far tremare i polsi dell’eloquente legale del foro genovese.

Poi ci sono tutti gli altri e qui il problema, oltre alle doti singole, è la compattezza della squadra in tempi così impegnativi. Ma questo è il gioco che Bucci sa fare meglio.

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