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Nona e decima puntata di “Addio ‘900”, la docuserie di Primocanale
5 minuti e 9 secondi di lettura
di Mario Paternostro

Negli anni ’80 l’Italia visse una grave crisi industriale e anche Genova ne subì i riflessi pesantemente, proprio con la crisi dell’acciaio.
Il 14 febbraio 1984 il governo presieduto dal socialista Bettino Craxi varò un decreto per contenere l’inflazione che, tra l'altro, congelava tre punti della scala mobile.
Il 10 giugno gli italiani vennero chiamati a dire sì o no a questo decreto chiamato di San Valentino, che dava forza di legge all' accordo tra il Governo Craxi e tutte le sigle confederali degli imprenditori e dei lavoratori, tranne la CGIL.
Si trattava di un referendum abrogativo sulla legge che aveva recepito quell'intesa.
Il referendum fu bocciato clamorosamente. Il risultato fu di 45,7% SÌ all'abrogazione della norma e 54,3% NO all'abrogazione della norma, il taglio pertanto rimase.

Facciamo un passo indietro. Il 29 settembre 1983: ottanta, novanta, forse centomila persone invadono piazza De Ferrari, a fianco del palco un container con la scritta a lettere cubitali: «Uniti si vince».  Uno sciopero dalle dimensioni eccezionali, mai visto prima.
La siderurgia occupava 12 mila persone tra Campi e Cornigliano, l' Ansaldo, compreso gli impiegati, dava lavoro a 10mila, il cantiere 3mila. Tutto è accaduto nell' estate: è stato messo in discussione il cantiere di Sestri ed è stata annunciata la chiusura dell' area a caldo della siderurgia. E sempre giù di lì c' era stato il ridimensionamento se non la chiusura di molte altre fabbriche piccole e medie.
Così Genova si ribellò e scese in piazza compatta.
Lo slogan fu: “'Perchè Genova viva” . E il sindaco di allora, Fulvio Cerofolini si mise al fianco dei dimostranti.
Gli anni Ottanta sono stati gli anni nei quali la città si è resa conto fino in fondo del peso che avevano le Partecipazioni statali.
All’inizio degli anni ’80 a Genova circolava una frase negli ambienti del sindacato e della sinistra.  “A Genova quando c'è un problema lo imbelinano a Ponente”. Voleva dire che nel corso dei decenni, forse anche dei secoli, i governanti avevano scaricato su quella parte di città le scelte scomode della propria storia industriale. Dal riempimento a mare per fare le acciaierie, ai cantieri navali, dal porto petroli alle raffinerie in Valpolcevera. Persino le case, i casermoni, sulla collina.
Era il ponente dell’acciaio e dei fumi di Cornigliano che non facevano respirare gli abitanti.

Fu un gruppo di donne, le donne di Cornigliano, capeggiato da due ragazze di grande forza e carattere, Leila Maiocco, con una treccia lunghissima e Patrizia Avagnina, decisa, diretta, tutte e due toste, che scatenarono la battaglia. E fu Franco Sartori un grande sindacalista il leader di questa lotta difficile e delicata.
Non era altro che la plastica rappresentazione dello scontro tra ambiente di vita da difendere e lavoro minacciato. In mezzo l’altoforno che sputava fumo e lapilli.

Anni di lotte, di lacerazioni, lente prese di coscienza. Poi le privatizzazioni e un accordo storico e drammatico con la chiusura definitiva dell’altoforno e la cessazione della produzione a caldo.
Si dovrà attendere il luglio del 2005 per assistere davvero all’ultima colata.

Ne parleremo nella prossima puntata di “Addio ‘900” la docuserie di Primocanale. Nona puntata lunedì alle 18.30 e decima giovedì alla stessa ora con molte repliche e on demand sul sito www.primocanale.it.
Il cuore economico di Genova è sempre stato il suo porto. E un giorno sulla prima pagina del Secolo XIX apparve una grande foto del porto di Genova senza una nave. Assolutamente e desolatamente vuoto. Fu uno shock.
Il 4 novembre del 1983 dopo due anni di attesa il governo decise che Roberto D’Alessandro  sarebbe diventato presidente del Consorzio del Porto. Successore del socialista Giuseppe Dagnino.
D’Alessandro manager rampante aveva 48 anni era stato sindaco di Portofino, molto vicino al Psi di Craxi.
Avrebbe trovato davanti a sé un porto affondato, palcoscenico di feroci battaglie.

L’era D’Alessandro (che racconterà in una intervista doppia a Franco Manzitti) segnò la cosiddetta privatizzazione delle banchine e una dura battaglia con i camalli della Culmv guidata da un leader carismatico, Paride Batini. L’anno successivo, il 30 giugno del 1984, viene siglato l’armistizio fra i portuali che accettano il progetto di rilancio dello scalo. C’è voluto anche l’intervento del cardinale Siri per arrivare alla pace.
Il sindaco repubblicano Cesare Campart, infatti, chiese a Siri di fare da mediatore super partes tra D’Alessandro e il capo dei portuali.
L’austero cardinale di Genova fece incontrare i due contenenti. Andò più o meno così, come rivelò allora al giovane leader comunista Claudio Burlando.
Ecco la cronaca di quell’incontro.

Il segretario della Curia avvertì l’arcivescovo che c’era in portineria Paride Batini che avrebbe voluto parlargli. “Fatelo entrare” rispose il vecchio cardinale. “Ma sono in tanti”. “E fateli entrare tutti!”.
Discussero in genovese stretto come faceva sempre Siri con gli operai e con i medici del Galliera il “suo” ospedale e ci fu la mediazione che portò allo sblocco dello stallo in porto, anche se poi fu soltanto una tregua.
Ma fu divertente ciò che il cardinale disse a Batini. “Se sei vegnuo da mi, veu dì che s’ei proprio ma piggée”, se siete venuti da me vuol dire che siete davvero messi male.

La decima puntata, invece, è dedicata a due grandi genovesi. Duccio Garrone e Vittorio Gassman.
Dall’archivio storico di Primocanale vi proporremo alcune parti dell’intervista che feci a Garrone nella tenuta di caccia di Grondona. Titolo: “Le storie del bosco”. Me la diede a patto che andassi con lui nelle prime ore del mattino a camminare alla ricerca dei daini. Così il grande imprenditore della Erg mi espose il suo progetto, davvero nazionale, sulla tutela e la rigenerazione economica dei boschi italiani. Una visione ancora una volta straordinariamente moderna e anticipatrice. E mi raccontò molte sue idee su Genova e sui genovesi. Un Garrone davvero inedito e stimolante.

Infine vedrete dove è nato Gassman, in una piazzetta deliziosa a Struppa proprio sotto l’acquedotto storico, tra gli orti, e ascolterete un’ intervista che rilasciò nel 1992 a Vittorio Sirianni. Parlò di Genova, dell’amore per la “sua” città, del ritorno chiamato da Ivo Chiesa a mettere in scena “Ulisse e la balena bianca” con la scenografia di Renzo Piano, sui moli del Porto antico e anche della passione per la squadra rossoblu. Nonostante qualche dispiacere….

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