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Il cantiere e il porto si sono aperti alla città, alla faccia di chi dice no per il gusto di farlo
3 minuti e 43 secondi di lettura
di Matteo Cantile

GENOVA - Ho ancora le gambe doloranti, con il contapassi che a sera si è fermato a quota 18mila, ma devo ammettere che ne è valsa la pena: la passeggiata interna al porto di Genova e poi la visita al cantiere del Waterfront di Levante, esperienza che ho condiviso con centinaia d’altri genovesi, sono stati un bel modo di trascorrere la domenica. E, ora lo posso dire, non lo avrei pensato.

Quando ho saputo che il Sindaco aveva deciso di aprire queste aree alla città almeno per un giorno, ho sentito odore di flop: la risposta del pubblico è stata invece eccezionale, segno che i confini non piacciono a nessuno e quando un muro cade la curiosità di vedere cosa ci sia al di là supera ogni pigrizia.

I due segmenti del programma di ieri mattina sono oggettivamente diversi e vanno considerati separatamente: il Waterfront, infatti, è stato concepito per essere aperto al pubblico mentre il camminamento attraverso cantieri e riparazioni navali oggettivamente no. Sul piano simbolico i momenti sono dunque molto distanti tra loro e hanno del resto raccolto reazioni diverse.

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Iniziamo dalla passeggiata: siamo entrati alle 9.30 dal varco delle Grazie, accanto all’ex mercato del pesce, e siamo usciti circa 30 minuti più tardi su via dei Pescatori, alla Foce. Le polemiche confindustriali sulla bontà di questa scelta le trovavo incomprensibili prima di iniziare il percorso e le trovo ancor meno giustificabili dopo: non vi è alcuna ingerenza tra gli innocui passeggiatori e i cantieri, che sono da sempre separati dalla strada da pesanti cancellate. Che il varco sia aperto oppure chiuso non ha alcun impatto sull’operatività delle aziende situate nell’area, il tema semplicemente non si pone. Polemizzare significa appartenere a quella categoria di individui che dicono no a tutto, giusto per il gusto di farlo. Se poi mi chiedete se rifarei questo percorso una seconda volta io rispondo di no: di per sé camminare sotto la sopraelevata e al fianco di un’area industriale non è la mia idea di gita domenicale ma capisco quale potrebbe essere il vantaggio di liberalizzare l’accesso all’area del porto. Per esempio, ogni volta che sono invitato allo Yacht Club non dovrei più munirmi di dispensa papale e sigillo del re.

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Tutto un altro sapore ha avuto, ai miei occhi, la visita al Waterfront: il cantiere di per sé non impressiona, iscritto com’è in uno spazio tutto sommato ristretto, ma dopo le prime sommarie spiegazioni si comprende quanto sia difficile far coesistere così tante lavorazioni diverse dentro un’area decisamente piccola. Ci sono i ‘bastimenti’ disegnati da Renzo Piano, le bonifiche, lo scavo dei canali, quello dei parcheggi interrati, il restauro del Palasport e chissà cos’altro che non sono riuscito a intuire.

Ma è lavorando con un pizzico di fantasia, neppure troppa per la verità, che ho provato il massimo del piacere: perché attorno al padiglione blu della vecchia Fiera sta nascendo un quartiere che mi sono sentito di ribattezzare ‘monegasco’. Tutto è stato studiato, e lo si capisce anche senza i render, per compiacere l’occhio: le palme, i vetri, l’acqua, e poi ancora le barche, i locali, i ponti, di cui uno persino levatoio. Il Waterfront non sarà il parco giochi dei ricchi, come sostengono gli invidiosi di professione, ma il ritrovo delle domeniche genovesi.

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E non solo: basta chiudere gli occhi un istante per immaginare i giochi delle luci riflesse nell’acqua in una passeggiata dopo il tramonto, magari in una sera estiva. Mi vedo già seduto in un dehor, a sorseggiare un bicchiere di vino bianco ghiacciato. Non ho il conto in banca adatto per potermi permettere di venire a vivere qui ma basta molto meno per poterselo godere: non abito neppure al porto Antico, se è per questo, ciò non toglie che una passeggiata ce la faccio sempre volentieri.

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E allora guardiamo con orgoglio a questa Genova che si trasforma, a questa città che ha deciso che il mare non è un limite invalicabile, com’è stato per decenni, ma una risorsa centrale nello sviluppo e nelle attività dei genovesi. Renzo Piano ce lo aveva dimostrato 30 anni fa con il porto Antico, lo fa di nuovo oggi con il Waterfront: resta il dispiacere di avere aspettato così tanto tempo per completare la sua opera originale, ma è sempre meglio tardi che mai.

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