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di Mario Paternostro

Ma dai! E’ tutta invidia! Gli altri che cosa avrebbero potuto far navigare sulla pacate acque del Tamigi? Milano? Un ossobuco su una lastra di travertino, Roma una doccia di cacio&pepe, Bari un boschetto di cime di rapa senza orecchiette, Napoli… Beh Napoli poteva fregarci con la rossa “pummarola”. Ma dove la metteva? In una piscinetta? Noi invece insieme al pesto avevamo il vantaggio di avere il mortaio e pure il pestello di legno sul quale si poteva tranquillamente issare anche la bandiera di San Giorgio.

E poi, scusate, Genova è una “città d’acqua”, di navigatori, di cantieri navali, la capitale dei grandi transatlantici che hanno fatto la storia della navigazione. Per noi navigare sul Tamigi è uno scherzo da ragazzi. Più difficile sarebbe stato far navigare il mortaio con pesto annesso e connesso sulla acque liguri, fino almeno a qualche giorno fa. Meglio il lento fiume inglese…”The yellow leaves begin to fade/And flutter from the temple elms,/And at my feet the pale green Thames/Lies like a rod of rippled jade.

Le foglie gialle iniziano ad avvizzire/E dagli olmi del Temple si distaccano;/Ai miei piedi il Tamigi è verde chiaro/Come verga di giada increspata.  “
E’ la “Symphony in Yellow” di Oscar Wilde, 1881 con povera moglie Constance a riposare eternamente nel nostro monumentale cimitero.
Ho pensato in questi giorni (non a lungo per la verità) a che cosa avremmo potuto far navigare sulle acque londinesi al posto del pesto: le trippe con centopelli, cordone o “redaggiun”, cuffia, “gruppu”, gola, castagnetta e riccetto? Difficili da ricomporre. Un ricco “menestrun” corredato da “scuccusun” in una zuppiera posta su un leudo? Una “sbira” bollente da camallo dentro una grande tazza sistemata su un gozzo? Magari una cima pienissima e multicolore adagiata su un rimorchiatore?

Vada per il pesto nel mortaio, verde come i nostri parchi in rifacimento, verde come i boschi sotto i forti che i forti così gli inglesi non li hanno, verde come le acque del Bisagno…No. Forse sto esagerando.

E poi se, come scrive Maurizio Maggiani sul “Decimonono” qui arrivano soprattutto pensionati “che sbarcano per mezza giornata dai mega condomini natanti” è più facile per questi ospiti la visita a una Trenetta piuttosto che, seguendo i consigli di Montesquieu, alla basilica della Annunziata davanti ai dieci metri stupendi dell’ “Ultima cena” di Procaccini meravigliosamente restaurata.

Vicino a me all’Ostetrattoria della Foce, quella dove si sente sempre “franze o ma”, due turisti (inglesi?) leggono il menu. Chiedono un aiuto. “Pesto!” indicano sulla lista con il dito. E sognano felici sui poetici “mandilli de sea”. Avranno visto il “Mortaio Primo” in navigazione?