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Nei terribili anni Settanta, quando gli equilibri istituzionali tremavano un po’ sotto l’attacco degli opposti estremismi, quello “nero” che metteva le bombe sui treni e nelle banche e nelle stazioni ferroviarie e provocava stragi ancora piene di misteri, quello rosso che sequestrava , processava in nome del popolo, uccideva, gambizzava, agosto era un mese sempre molto temuto. La pausa estiva, che allora era ben diversa da oggi, con Roma che si svuotava e restava presidiata dal solo ministro dell’Interno, spesso Paolo Emilio Taviani, il grande genovese, e con le fabbriche che chiudevano per intere settimane e le vacanze erano lo stop vero e unico nel corso dell’anno, faceva aleggiare nel mondo politico uno spettro: il golpe. Il colpo di Stato che potesse rovesciare gli assetti democratici, spesso temuto e anche un po’ enfatizzato come pericolo dalle forze di sinistra, sopratutto dal Pci che avanzava prepotentemente nel consenso popolare.

Si temeva un’azione di forza organizzata, mentre il Paese era distratto dalla grande pausa estiva e anche i partiti erano in vacanza, i sindacati, allora potentissimi, distratti e tutti i presidii democratici smobilitati per ferie.

Noi giornalisti un po’ ci giocavamo con quel timore che aveva radici magari non troppo lontane negli anni Sessanta dello scandalo Sifar, in quelli della presidenza della Repubblica di Antonio Segni, un democristiano ingiustamente sospettato di avere “coperto” una mobilitazione di militari e di eversori poi finita nel nulla.

Scrivevamo di questo possibile golpe, ipotizzato per mano militare, sulla scia di personaggi come Junio Valerio Borghese, un nobile militaresco, famoso comandante della X Mas, amico dei nazisti e assassino di partigiani, che organizzò un vero tentativo di rovesciare la democrazia, dopo essere stato uno dei fondatori del Fronte Nazionale, nel giorno dell’Immacolata del 1970 con un seguito di ben 20 mila uomini, poi da lui stesso fermati per ragioni rimaste segrete e indagate a lungo da magistrati come il discusso Claudio Vitalone.

L’altro personaggio, che avvicinavamo a possibili tentativi autoritari, magari ispirati dal golpe, quello vero, dei colonnelli in Grecia, era il generale Di Lorenzo, alto ufficiale dei carabinieri che durante la guerra era stato uno dei capi dei servizi segreti militari e che avrebbe preparato un golpe appoggiato da politici dell’estrema destra, proprio quando presidente era Segni, che poi avrebbe avuto uno scontro tanto forte con Aldo Moro, già allora leader della Dc e informato di quelle manovre, da subire un malore tanto grave da provocarne le dimissioni.

Era la Prima Repubblica, erano tempi molto diversi, in fondo non molto lontani dalla fine della guerra e del fascismo, dai tentativi di recuperare al governo una Destra autoritaria, come era avvenuto nel giugno del 1960 con il congresso del MSI, organizzato e affondato a Genova, grazie alla mobilitazione dei camalli del porto e delle forze dei partiti democratici, con in prima linea uno come Sandro Pertini. Era, insomma, un altro mondo, con ben altri personaggi.

Oggi molto più modestamente e anche in una realtà più circoscritta, se parliamo di golpe estivi, approfittando del mese di agosto e del meteo così inclemente, di cosa dobbiamo accontentarci? Non solo della manovra pro ZTL, con l’esilarante lancio del kiss and buy, di cui ci siamo occupati, descrivendo l’operazione per creare posteggi a tempo nella zona centrale di Genova, con lo scopo di aiutare i commercianti di via Roma, via XXV Aprile e Piazza Fontane Morose.

A quel “golpettino”, mutuato dal posteggio rapido in aeroporto, ora se ne è aggiunto un altro, inesorabile e in qualche modo prevedibile. Si tratta del taglio dei secolari pini davanti alla stazione Brignole, in via Thaon de Revel, dove i “golpisti” dell’Aster taglieranno ben diciotto fusti, praticamente pelando una parte dell’area verde, che è un po’ la cerniera tra la Stazione Ferroviaria e Piazza della Vittoria.

E’ un “golpe” atteso perché da mesi l’amministrazione comunale ha messo nel mirino i pini secolari in più parti della città. Hanno incominciato con corso Andrea Podestà, dove la rasatura sarebbe stata una ferita incancellabile, ma poi la mobilitazione della città, non solo del quartiere interessato, ha frenato l’operazione, facendola slittare nel tempo e sostituendola con verifiche di “trazione” per misurare la tenuta dei pini.

Davanti a Brignole la situazione è diversa perché un grande albero è caduto lo scorso inverno e si è acceso un allarme giustificato, ma che non implica il taglio totale che sta per essere realizzato.
Il problema è che si approfitta di agosto, della minor attenzione della città, per andare in porto con azioni che non sono certo condivise da tutti. Si scavalca il dibattito con azioni di forza, magari a colpa di baci per lo Ztl e a colpi di accetta per i pini e così si impongono decisioni che hanno avuto grandi opposizioni, o per lo meno grandi discussioni.

Ricordo un noto presidente degli Industriali che una volta, affacciandosi durante una intervista dalla sua finestra del grattacielo verso i pini davanti a Brignole mi aveva detto con fiducia: “Ecco questo potrebbe diventare il nostro Central Park!!!” alludendo a una massiccia forestazione di quel grande spazio.

Altro che forestazione, ora si taglia e invece di un possibile Central Park avremo una radura spelacchiata. Mentre si aspettano gli alberi in tutta la città: i mille sopra l’ex piazzale Kennedy, sopra il maxi posteggio, le altre migliaia che Renzo Piano voleva nel porto e nel centro storico: un grande sogno verde più volte pianificato e che invece si scontra con la realtà dei tagli che colpiscono qua e là, magari in agosto, quando tutto sembra attutirsi, nascondersi, nella rarefazione del pubblico, un po’ nella lontananza dell’attenzione e delle eventuali mobilitazioni contro.

Ci si bacia vicino allo Ztl e si tagliano i tronchi degli alberi, magari con qualche giustificazione, ma un po’ di nascosto, quasi celandosi, come se si commettesse qualcosa di inconfessabile. Non un golpe certamente di quelli fantasiosi degli anni Settanta, tra sciabole e pennacchi di carabinieri e militari, ma sicuramente un blitz un po’ a tradimento, tra nuovi posteggi tracciati e motoseghe pronte al taglio. O no?

 

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