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 Mi dispiace per Matteo Renzi, ma il discorso di Andrea Orlando, candidato del centrosinistra alla presidenza della Liguria a Sant’Olcese e l’altro ieri a Struppa è stato un vero discorso “di sinistra”, l’apertura ufficiale di una campagna vista da sinistra. La “gauche d’antan”. Quella di un tempo, quando si chiedevano meno dimissioni e si proponevano invece scelte concrete, riforme robuste, linee di azione, per alcuni, tanti, anche sgradevoli, ma almeno programmi con veri contenuti, perché non basta tuonare che “bisogna cambiare la sanità”, farla tornare veramente “pubblica”, ma è indispensabile spiegare agli elettori come si farà a cambiarla e a farla diventare pubblica e universale e non per pochi fortunati. E, soprattutto, con che soldi. Lo stesso refrain per gli altri temi bofonchiati da alcuni politici in tv e sui giornali. Lavoro ai giovani, rilancio dell’economia, migrazioni, sicurezza, sì, proprio quella sicurezza anni fa snobbata dalla sinistra per questo motivo sconfitta proprio a Genova.

Dunque Orlando ha fatto un discorso da politico di sinistra che riassumo in pochi punti per verificare una cosa. Che questo voto ligure sarà strategico per il futuro, fatto di altre, prossime, veloci elezioni.

Non usate la Liguria per giocare a risiko”. Giudizio severissimo dei dirigenti soprattutto nazionali di tutti gli schieramenti compreso il suo. La Liguria che per prima va al voto e diventa il vero sondaggio delle opinioni degli italiani dopo quasi due anni di governo di destra, va al voto nel pieno di una squassante inchiesta con accuse di corruzione che hanno colpito il suo governatore da dieci anni alla guida, obbligandolo sostanzialmente alle dimissioni.

Governatore leader , fra l’altro, di una lista civica, personalizzata. Che cosa ne sarà di questa lista? Resisterà ancora? Porterà ancora via voti ai partiti tradizionali o ci sarà uno svuotamento dei suoi consensi dopo intercettazioni, telecamere nascoste e arresti? Se così, a vantaggio di chi? Siamo di fronte a un ritorno ai partiti del passato o no? Temi nazionali che aprono scenari che difficilmente ci immaginavamo tre mesi fa.

Orlando ha parlato della necessità, da parte della sinistra di “una proposta radicalmente alternativa” e per spiegarsi meglio ha aggiunto: “Mai gonfaloni per celebrare la repubblica di Salò”, sottolineando poi, entrando nello specifico dell’inchiesta giudiziaria, per mettere una trincea tra la sua posizione e quella del ”modello Liguria”, che ogni trattativa si fa “nelle sedi istituzionali” soprattutto se si discute con “i ricchi” che vanno ricevuti sempre “nel tuo ufficio”. Niente yacht, men che meno grand’hotel affacciati sui casinò!

Come dire che la politica delle trattative che di per sé non sono un peccato mortale, per l’opposizione deve cambiare nei metodi. In questo, penso che Orlando lo sappia bene, anche la sinistra ha da correggersi parecchio. Magari un tempo ci si incontrava al tavolo di un ristorante più o meno riservato, ma era meglio, perché trenette al pesto con o senz’aglio, crostate e Sciacchetrà erano più trasparenti dei tavoli verdi.

Si tratta, in ogni caso, di garantire il ruolo delle istituzioni e dei rappresentanti di queste. Argomento che esplode ora, dopo la meschina vicenda del ministro della Cultura, triste rappresentazione dello svilimento del cosiddetto “senso dello Stato”.

Quelli che hanno la mia età ricorderanno le fotografie “rubate” del leader della Democrazia cristiana, Aldo Moro, sulla spiaggia con i suoi figli, loro in costume da bagno e lui, rigorosamente in completo grigio con camicia e cravatta o l’intervista del capo del Pci, Palmiro Togliatti in vacanza in uno chalet della Val Ferret, agosto 1953 sotto il ghiacciaio della Brenva, che si scusa con il giornalista di “Stampa sera” per non essere in giacca.

Ma l’essere di sinistra si manifesta in Orlando soprattutto in una frase: “Combatteremo la democrazia dei ricchi”. Frase che , probabilmente, per disabitudine ormai pluridecennale, farà tremolare le vene di parecchi, anche del suo stesso partito. L’uso della parola “ricchi” qui assume un significato fortemente politico, quello che diceva Massimo D’Alema vent’anni fa, prefigurando la fine dei partiti a vantaggio di altre “cose parapolitiche”: “Senza partiti la politica sarà fatta soltanto da chi ha i soldi”.

Il candidato ammette che per questo, che chiamerei un “atteggiamento complessivo”, “ci vuole tempo perché è un progetto complicato e perché si tratta di un’operazione- verità”.

Il timore che il candidato ha manifestato senza mezzi termini è che alcuni vogliano scaricare le tensione in pericolosa crescita a livello nazionale (c’è chi addirittura evoca possibili elezioni anticipate) proprio sulla Liguria che anticipa altre chiamate alle urne regionali, diventando una prova generale anche per la tenuta del governo Meloni, che vive di continui “imbarazzi stilistici” per usare un eufemismo..

Dunque l’esito del voto ligure potrebbe essere destinato ad aprire nuovi fronti di contrapposizione, in particolare all’interno delle deboli e confuse alleanze. Leggi: Renzi da destra a sinistra imbarazza la linea della Schlein? Di sicuro almeno a Genova crea fastidiosi pruriti tra i sansiani e la squadra dei verdi e della sinistra/sinistra. I Cinquestelle come reagiranno? Calenda passi, ma non esageriamo?

La linea decisamente di sinistra di Orlando, quindi, blocca ogni ipotesi di iniezione moderata? Che fine faranno i consensi di renziani e calendiani?

I veri leader capi di liste personali, come Marco Bucci, oggi il politico più “forte” nel territorio come si muoverà’ ? Cioè preferirà portare acqua frizzante a qualche lista simil-civica come la sua o affidarsi alle strutture consolidate di un partito tradizionale? Magari la Lega che con Edoardo Rixi lo aveva scelto e proposto nel 2017? Alcune di queste domande avranno risposte indicative nel nuovo sondaggio promosso da Primocanale nel Programma Politico di lunedì sera.

A margine di tutta la faccenda e rimanendo nel capoluogo, toccherà presto a Bucci mettere mano nella sua giunta a un bel rimpasto se ci saranno migrazioni di assessori e consiglieri verso via Fieschi. Forse sarà la volta buona per avere un vero assessore alla Cultura.