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di Franco Manzitti

Ci usano un po’ come sismografi noi vecchi giornalisti, che ne abbiamo viste tante anche di elezioni di ogni tipo, attraverso tre tipi di Repubbliche, la Prima quella dell’80 per cento di votanti e i partiti granitici, la Seconda, che già si votava meno e con le leggi elettorali mano a mano tutte cambiate e questa Terza repubblica, che i votanti si assottigliano con cali da far paura. Paura per la democrazia in pericolo in tutto il mondo, ma anche qui che l’abbiamo conquistata solo settanta anni fa.

Chi vince, Orlando o Bucci in questo scontro improvviso, imprevisto, imprevedibile, anticipato, tanto strano che si vota in pieno allerta meteo, tanto per dimostrare che siamo, comunque, in una grande emergenza, in una stagione nella qual raramente si vota, in un clima stravolto, in un quadro politico generale alla prova anche di questo verdetto, in un mondo in guerra e sull’orlo di eventi che temiamo perfino a nominare?

Chi vince, chi perde, chi è davanti, chi è dietro? I sondaggi sono vietati da due settimane, gli ultimi sono anche un po’ contraddittori, ma, comunque, facevano presagire uno sprint all’ultimo voto tra due candidati sicuramente inattesi e un terzo, Morra, l’ex Cinque Stelle a fare da incomodo, con una percentuale che potrebbe risultare importante.

Chi si poteva immaginare una sfida tra il sindaco in carica di Genova, “ferito” per lo più da una malattia improvvisa e da lui dichiarata anche dettagliatamente, convinto niente meno che dalla premier in persona Giorgia Meloni a impegnarsi in questa corsa veloce, velocissima in piena estate e poi in questo autunno da catastrofi meteo e il leader forse più importante della sinistra ligure, un pluriministro, con otto legislature sulle spalle, spezzino più romano che ligure?

Non posso fare previsioni su questo scontro, provocato dalla caduta per via giudiziaria di Giovanni Toti, tra il centro destra di Marco Bucci e il centro sinistra, che è più sinistra-sinistra di Andrea Orlando in uno schema di schieramenti tanto oramai fasullo che bisognerebbe trovare altre definizioni. Il centro destra è sempre più destra-destra, con gente come Vannacci e Bandecchi. Il centro sinistra è sempre, appunto, più sinistra-sinistra. Ma insomma, ci capiamo.

Non posso e non devo fare previsioni, che si vota domani e lunedì ma una cosa, invece la posso prevedere. Quale che sia l’esito, queste elezioni strabagnate e anticipate per la Regione Liguria provocheranno uno sconquasso.

Se vince Marco Bucci e diventa presidente della Regione gli effetti saranno immediatamente due. Il primo: dimissioni del sindaco che diventa presidente, interim in Comune del vicesindaco Pietro Picciocchi fino a elezioni anticipate anche in Comune e di quasi tre anni. Prevedibilmente si voterebbe in Primavera, maggio-giugno.

Il secondo effetto: la sconfitta di Andrea Orlando sfascerebbe completamente la sinistra-sinistra, incenerendo il suo ultimo candidato, ennesimo di una serie oramai lunga e anche indicativa del crollo definitivo e totale di quella che una volta su chiamava la “roccaforte rossa”.

Perdere la Regione per la terza volta di fila, capitolando con Raffaella Paita nel 2015, con Ferruccio Sansa nel 2020 ( sconfitta più devastante in percentuale della storia di sinistra in Liguria) e ora con Orlando, il superministro e leader di caratura nazionale sarebbe una resa finale.
Se poi si aggiungono le sconfitte nelle grandi città di Gianni Crivello e Ariel dello Strologo a Genova contro Bucci e quelle a Savona, Spezia, Sarzana con la sola eccezione di Paolo Russo, vincente a Savona, il quadro diventerebbe apocalittico. Come potrebbe risorgere la sinistra da questa ceneri?
Se vince Andrea Orlando e diventa presidente, dopo il totismo totalizzante di nove anni, anche in questo caso ci sarebbe uno sconquasso.
Cosa farebbe il sindaco Bucci, sconfitto per la prima volta in una competizione elettorale dopo la sua striscia trionfante a Tursi? Resterebbe a fare il sindaco di Genova, con un presidente di Regione con il quale ha combattuto fino a un momento prima e non si sentirebbe delegittimato anche come primo cittadino dal risultato elettorale che andrebbe anche vivisezionato nella città capoluogo, dove, comunque, vota più della metà degli aventi diritto?

Potrebbe restare come è ipotizzabile, conoscendo il suo carattere, per completare il lavoro intrapreso, ma in condizioni molto diverse. O potrebbe dimettersi e uscire di scena, innestando la stessa situazione dello scatafascio precedente: interim del suo vice Picciocchi e nuove elezioni in primavera. Nelle quali, però, Bucci potrebbe tentare una rivincita in una condizione diversa. Ipotesi un po’ fantascientifiche ma la politica di questi anni ci ha abituato a tutto e il suo contrario.

E il centro sinistra in questo quadro risorgerebbe come l’Araba Fenice dalle ceneri delle sconfitte a ripetizione, facendo partire da Genova ancora una volta, come è successo già nella storia, una nuova sequenza, che poi avrebbe un valore nazionale come accadde nel 1961 con il primo centro sinistra municipale (insieme a Milano) e nel 1975 con la prima giunta rossa a Tursi (insieme a Torino).

Chi vince chi perde? Non lo sappiamo e non lo vogliamo neppure prevedere, ma intanto stringete le cinture che lo sconquasso arriva in ogni caso.