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di Franco Manzitti

Bisogna riconoscere che grazie alla spinta di Marco Bucci la formazione della nuova giunta regionale procede molto più velocemente del solito. Lo schema delle scelte era facilmente prevedibile. Da una parte il sindaco-governatore-commissario (oggi e ancora per qualche settimana la massima concentrazione di potere della storia repubblicana), che vuole subito incominciare a lavorare con il suo governo in piena efficienza. Dall’altra i partiti, e il territorio che avanzano le loro rivendicazioni. E su tutto questo la grande questione della Sanità, che ovviamente nessuno chiede di ottenere per un suo uomo o donna, considerate le monumentali difficoltà da affrontare tra deficit abissale e liste di attesa.

Per il resto ballano i nomi prevedibili con le assegnazioni ipotetiche delle deleghe che vanno concentrate in sette assessori. Pochi per Bucci, che ha immaginato di istituire anche in Liguria la figura dei sottosegretari, una mossa che però avrebbe tempi lunghi e modifiche dello statuto regionale. E anche qualche dura critica se si legge che Andrea Orlando, fin'ora capo dell'opposizione, chiede di trovare medici e infermieri piuttosto che sottosegretari.

In queste sequenze, in questi nomi e negli immancabili retroscena manca, tanto per cambiare, la figura dell’assessore alla Cultura, che in Regione non esiste più da tempo, avendo Toti tenuto per sé la delega, creando di riflesso l’inedita figura di una coordinatrice delle politiche culturali, impersonata dalla sua portavoce, Jessica Nicolini.
Anche in Comune la cultura non compare in una rappresentanza assessorile, dopo le eterne promesse di Bucci, che garantiva sempre di scegliere la figura adatta e nel frattempo aveva istituto “tavoli di coordinamento”, scegliendo senza indicazioni formali, Giacomo Montanari, storico dell'Arte, docente universitario, di una storica famiglia, come il gestore di quel tavolo. E in più favoriva advisor, esperti di quello o di quell'altro settore, cosidetto culturale.

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Ma questa è la storia dell’amministrazione comunale, che sta esaurendosi. In quella provvisoria dei prossimi mesi il futuro sindaco reggente, Pietro Picciocchi, ha già precisato che la delega alla cultura per ragioni tecniche dovrà probabilmente tenerla per sé.
Come se non avesse già abbastanza da fare con il Bilancio e i Lavori Pubblici.
Insomma, coordinatori, coordinatrice, tavoli, reggenti autodelegati e chissà che altro, probabilmente qualche advisor o supervisore, come la impegnatissima Anna Orlando. E nessun responsabile investito in pieno del ruolo di assessore delegato.

La Cultura appare sempre una Cenerentola a questa latitudine. E non vale il ragionamento che prima ci sono tante urgenze, a partire dalla Sanità....
Almeno così la cultura viene trattata dal centro destra, sulla base di quello che si può considerare un grande equivoco fondato su un altro equivoco.
L’equivoco di partenza, che regna in Italia, o per lo meno ha regnato per lungo tempo, è che la cultura sia un monopolio della sinistra che avendola gestita se ne è impadronita, mantenendo una esclusiva assolutamente impropria.

Errore colossale, come si può facilmente capire. La cultura non può avere per definizione patrie politiche di parte.
Il fatto è che il resto dello schieramento politico, a incominciare dalla destra e oggi dalla destra-destra ancora di più, o la maneggia maldestramente o non la vuole maneggiare, come se fosse comunque contaminata.

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Ecco allora il secondo equivoco, che porta le amministrazioni di questa parte ad avere tante difficoltà a organizzarsi e non solo nella nomina di assessori. Per non citare i casi delle vicende ben più nazionali che portano alla ribalta i ministri della Cultura dell'epoca recente meloniana con Sangiuliano e Giuli.....
Restando più vicini a noi l'impressione è che si scambi la cultura un po' con l'intrattenimento, lo spettacolo, il turismo e spesso anche con l'educazione civica.
Quando il sindaco Bucci spiegava che per lui fare cultura è anche seminare in modo che i cittadini adottino comportamenti riconoscibili di una identità con atteggiamenti “consoni”, “appropiati”, equivoca proprio con l'educazione civica.
Sarà anche per queste ragioni che le nomine dei responsabili di questo settore sono così difficili?

Mentre sarebbero necessari perchè la cultura è anche l'identità di un territorio in senso complessivo della sua storia, del suo patrimonio e la sua riconoscibilità passa per questo. Non per l'educazione dei cittadini.
Certo anche una mostra sui jeans può avere il suo aspetto culturale nella ricostruzione storica e nella moda conseguente e nelle rivendicazioni locali. E così tanti Eventi con la maiuscola, propagandati come spettacolari possono avere la loro radice o il loro aspetto culturale. E il turismo, diventato oramai overturism, trascina con sé il risvolto culturale di mettere in circolo le bellezze artistiche, perfino i beni ambientali, inseriti in un territorio “identitario”.

Ma non è solo questo, è molto di più.

Abbiamo musei, palazzi, archivi, scuole, Università, teatri, orchestre eccetera eccetera, zeppi di cultura e bisogna presupporre che chi dovrebbe avere la responsabilità politico-amministrativa di rappresentarli pubblicamente nella loro cura, negli investimenti, e anche nella loro pubblicità, li conosca e studi ancora.

Non vogliamo dire che ci vogliono come assessori dei parrucconi, dei tristi studiosi, appesantiti dai loro volumi di conoscenze, dei prof con la presupponenza di chi pensa di sapere e conoscere tutto.

Ma dobbiamo avere in quelle responsabilità chi ha la conoscenza e la coscienza di tutto questo per fare le scelte giuste insieme al sindaco o al presidente.
Se ci si sfila da questa scelta, affidando la materia un po' a caso in base a lottizzazioni o compensazioni politiche o stendendole su tavoli con tanti convitati, magari non tutti in accordo tra loro, o se si continua a non scegliere, perchè è più facile, la cultura resta una Cenerentola. E il principe non arriva mai con la scarpetta.

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