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di Gilberto Volpara

Davanti a un conflitto bellico, con morti e feriti, una volta in più, si trae consapevolezza dell’inadeguatezza del linguaggio quotidiano sempre più impoverito dal gergo di messaggistica e social.

“Tragedia, dramma, fine” sono sostantivi adoperati decine di volte in una singola giornata nella pochezza del nostrano dizionario.

Davanti a migliaia di famiglie ucraine che stanno conoscendo sulla propria pelle e sotto le bombe il vero significato di disperazione stride, anche, l’uso di una parola quale Resurrezione, così, come qualsiasi altro tema appare irrilevante.

Figurarsi parlare di cinghiali quando gli umani si ammazzano tra loro.

Ma, ogni terra, ha la sua vocazione e la propria economia. Quella della Liguria, per gran parte, si regge sul turismo. Una fetta rilevante, spesso sottovalutata, fa rima con attività verde e all’aria aperta.

Li’, come altrove, l’ultimo mese e mezzo di silenzi, scarsi provvedimenti e insufficiente chiarezza sul futuro, ha fatto registrare l’azzeramento della speranza. La situazione peggiore per chi, in mezzo alla natura, deve trovare il modo di tirare fuori il pane per i propri figli.

Poi, nel primo mercoledì di marzo, su Primocanale, giunge da Viaggio in Liguria la voce di chi riaccende la luce in mezzo al picco di depressioni ed episodi di insofferenza paesana. Ad assumersi la responsabilità è il neo commissario alla peste suina, Angelo Ferrari (nominato dopo 30 giorni di attesa burocratica): “Qualcosa in più di un auspicio perché genovasato e savonese d’entroterra possano dapprima vivere una Pasqua con minori limitazioni e, poi, salvare l’estate”.

Solo le speranze muovono le persone. Le disillusioni, però, le gettano al tappeto sotto il profilo morale e fisico, senza più ritorno. Lo sa Ferrari. Sebbene di mezzo ci siano i burocrati di Bruxelles, ha piena consapevolezza che la gente dei monti, da ieri sera, si aggrappa a lui.

Alla concretezza, alla parola data. Alla speranza.

Non prendete in giro gli uomini e le donne dell’entroterra. Non prendetevi gioco di imprenditori, volontari e sindaci che hanno già spalancato le porte di vecchie scuole, spopolate dal decremento demografico, adattandole a ricovero di profughi, ancora prima di sapere se il governo coprirà qualche spesa.

Gente di montagna, appunto.

Che non vuole una Ferrari, ma la promessa di Ferrari. Per una Pasqua di Resurrezione.