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di Mario Paternostro

Leggo e sento raccontare che quest’estate per andare a Milano ci metteremo molto di più. Ma va? Il presidente della Lombardia a Primocanale dichiara di “voler aprire un tavolo” sul treno “velocetto” che ormai chiamerei “lumachetto”, anche per simpatia. Da quanto tempo lo conosco questo treno? Quasi quarant’anni? Già, da quasi quarant’anni. D’accordo che ha cambiato più volte nome: supertreno, treno veloce, freccia, lampo, fulmine o saetta. Sali alle 8 e alle 9 prendi il caffè davanti al Duomo. Incontri, concludi, magari ci sta un ossobuco col risotto, poi in Centrale un altro Superlampus e questa volta ti prendi la panera dalla cremeria Buonafede.

A no? Non è così? Sto sognando? Deliro? Ma il tavolo si apre e intanto che il presidente lombardo e i genovesi lo apparecchiano con i binari quadruplicati al posto delle posate di ordinanza vado e vengo tra Genova e Milano in auto.
Come? Stesso tormento? Strettoie? Ingorghi? Code eterne? Ma la Camionale regge da secoli… Appunto. Non ce la fa più. Peggio che andare con il “Lumacaexpress”?
Vuol dire che ha ragione l’amico che mi spiega come ormai venire a Genova sia un incubo per colpa delle autostrade, delle gallerie ingorgate di lavori in corso.
“E non mi raccontare più la balla colossale dei 55 minuti in treno!”.
“Guarda che siete voi che dovete quadruplicare, mica noi. Ce la raccontate da vent’anni…”.
“Che bello! Sognavo di venire a cena a Santa Margherita, a Cavi Borgo, a Moneglia!” si esalta il milanese.
“Io il contrario. Lavorare ancora di più da voi, ma mai e poi mai mollare Genova visti i prezzi proibitivi delle case milanesi!” ribatto con un po’ di stizza.
Perché se non devo muovermi, o al massimo andare da Castelletto a De Ferrari, attraversando la fantastica e vastissima isola pedonale bocciata di piazza Fontane Marose, faccio tutto a piedi in pochi minuti.
Scherzi. Ora con la primavera, vuoi mettere passeggiare in corso Italia, scendere a Boccadasse incontrando l’ eterna fidanzata di Montalbano, salire al Righi con la funicolare del dottor Pereira di Tabucchi e lassù, con o senza funivia, godermi la vista del golfo…
Mi preoccupo.

“Dimmi la verità, voi milanesi avete ancora voglia di venire a Genova?”
Già. Ci siamo mai chiesti fino a che punto i milanesi-lombardi resisteranno a scendere verso il mare con un viaggio infernale fra desertissime strettoie oppure “per fare prima” salire sulla Transiberiana Pavia-Pontedecimo?
Quarant’anni fa il direttore del “Decimonono”, Michele Tito mi mandò a Milano a fare un servizio su che cosa ne pensavano i milanesi del “supertreno” da 55 minuti e soprattutto del Terzo Valico.

Andai e intervistai cittadini in Galleria e notabili. Tutti entusiasti. Sole, niente smog, mare. Spiagge, bagni, metri di focacce, pesto a gogò anche senza mega-pestello al seguito. E tutto questo come se la meta fosse sotto casa.
I più fortunati già con abitazioni sulle nostre coste vagheggiavano cenette portofinesi. Un presidente mi disse che finalmente sarebbe riuscito a venire a pranzo, in settimana, allo Yacht club dove teneva la barca per tornarsene poi in ufficio. I lombardi sono meravigliosamente ottimisti.
Noi scrivevamo storie immaginando Genova come “quartiere residenziale” di Milano, farneticando su esponenziali guadagni per la nostra città.
Poi si arrivò al Ge-Mi-To, quel “triangolo iper-produttivo” con i vertici a Genova, Milano e Torino. Un “rendering” esistenziale fantastico per manager, professionisti, imprenditori.

Finché condizionati dal nostro “maniman” (che se succede va bene ma chissà, però poi non troviamo più posteggi a Zoagli, e poi se invece non succede chissà?) un giorno dopo decenni, sorridemmo amaramente.
Il Terzo Valico è diventato il nostro Isoard (2361 mslm nelle Alte Alpi francesi)! Lo abbiamo immaginato in ogni maniera quel “buco” che ci avrebbe donato la felicità, l’ossigeno, la libertà. Il buio del traforo, il mare alle spalle e finalmente la pianura padana pullulante di attivismo e privo di mugugni.
D’accordo. Ma tutto ciò su due soli binari.

Eccoci amici al 2025, zeppo all’inverosimile di promesse. E noi che siamo paralizzati su un’isola mal servita e i candidati sindaco ne parlano poco, pochissimo.

“Dai, é un incanto. Si vede sempre il mare….” Abbozza l’amico lombardo che ha casa in riviera.
“Sì si vede, però. Ma voi, dunque, non ci mollate? Resistete in coda su quell’autostrada di montagna? O sulla tradotta magari con la toeletta inservibile? Porterete la colazione al sacco? O, magari sterzando verso i laghi….o, ma non ci posso credere, sull’Adriatico…”.
Non risponde più il mio vecchio amico milanese. Probabilmente sta pensando che cosa gli succederà fra pochi mesi, quando il sabato mattina dovrà portare la famiglia in riviera. Ingorghi, strettoie, cambi di corsia, frenate, gallerie-imbuto.

Nemmeno il profumo della focaccia oltrepassa più i Giovi o il Turchino. Per non parlare del pesto con o senza aglio come lo voleva Berlusconi.
Qualcuno la spara grossa: ci sono piscine sui grattacieli, quelli cresciuti a vista d’occhio nei cortili.
Vabbé amici di Milano, ora non esageriamo…

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