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di Mario Paternostro

Tre medici su dieci in Liguria hanno lasciato gli ospedali. Stiamo parlando di sanità pubblica, di servizio sanitario nazionale, quel sistema complesso per cui il nostro Paese era portato in palmo di mano come uno dei migliori servizi sanitari del mondo. Trenta per cento è il dato nazionale delle fughe dei medici dalla sanità pubblica per andare da qualche altra parte. Intanto nelle strutture private dove vengono pagati di più.

Oppure all’estero, per lo stesso motivo e probabilmente anche per un modello organizzativo diverso. Infine un’altra parte sceglie di pensionarsi in anticipo. Per non parlare della crescente mancanza ora a livelli pericolosi dei medici di famiglia. Questo fenomeno drammatico é dovuto allo stress, allo sfruttamento, al guadagno che non corrisponde alle mansioni e alle fatiche cui la classe medica, ma anche quella infermieristica, sono state sottoposte da quasi tre anni. Da quando è scoppiata la pandemia da Covid.


Il guaio è che la fuga dei medici e la crisi in cui si sarebbe trovato il nostro sistema sanitario pubblico è un tema di cui si parla da almeno cinque anni. Ricordo benissimo quante volte ho intervistato a Primocanale medici ospedalieri che lanciavano allarmi su questa tendenza. E il Covid ancora non ci massacrava e non massacrava le strutture ospedaliere della nostra regione. Professionisti ultrasessantenni che avvisavano, preoccupati, di quello che stava succedendo. Nei pronto soccorso e nelle sale operatorie.


È, dunque, inutile fare grandi proclami e illustrare faraonici progetti per una nuova e magnifica sanità territoriale, quando vengono a mancare coloro che questa eccellenza dovrebbero far funzionare. Mi chiedo molto allarmato e chiedo agli amministratori che cosa hanno in mente di fare per ovviare a questo disastro annunciato. Ma la domanda andrebbe rivolta al governo, al ministro Speranza e al premier Draghi. E all’Università che deve o dovrebbe preparare e sfornare medici moderni a motivati. Provo un’ incontenibile rabbia quando vedo figli di amici, giovani intelligenti che una volta laureati vanno giustamente a fare esperienze fuori Italia, però, poi non tornano più. Vivono a Londra, a Parigi, negli Stati Uniti. Coccolati, strapagati, giustamente considerati.


Nel nostro straordinario Paese, invece, nei micidiali anni ’80 e ’90 la politica ha demolito la buonissima sanità pubblica in nome del Taglio Assoluto. Scelta imbecille. E, sia chiaro, non intendo sostenere che la sanità privata non debba esserci. Guai! Ben venga quando è convenzionata e può contribuire a aiutare la sanità di Stato e regionale. E contribuire alla ricerca. Lo spazio c’è per tutti. Anche in Liguria.

Ma mi auguro ardentemente che i soldi del Pnrr vadano, innanzitutto alla sanità pubblica, agli ospedali e a chi ci lavora dentro. E che ciò avvenga prima che questi ospedali si svuotino completamente di medici e infermieri, restando scatole vuote.

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