Mi ci metto anche io nella schiera di giornalisti che hanno seguito come una partita a ping pong lo scambio di rimpalli tra ministero della Salute, dell’Istruzione, Cts, uffici del premier Draghi, struttura commissariale del generale Figliuolo, associazione dei presidi e ancora a livello locale uffici scolastici, dirigenti, Asl sul territorio. E che hanno dato voce agli uni e agli altri, per provare a mettere ordine in un grande caos: a qualcuno è toccato provare a organizzarlo, ad altri raccontarlo.
E proprio in uno di quei momenti in cui stavo snocciolando il bollettino quotidiano delle classi rimaste a casa o ancora scrivevo che la quarantena tornava a scuola con un positivo, e poi no dietro front si faceva con tre casi, sono incappata nel post su Facebook di una maestra lungimirante e attenta alle emozioni dei suoi ragazzi. Che lunedì scorso scriveva così:
“Rientro dalla quarantena, per la 2A. Diciamoci le emozioni, scriviamole sul quaderno per lasciarle andare e sentirci più leggeri. Facciamole diventare personaggi, come nel libro "Ci conosciamo?". Facciamo la nuvola di parole: tanta tristezza, grande rabbia, noia, calma, stanchezza... qualcuno era anche felice di poter stare tutto il giorno con mamma e papà. Mi sembra giusto”.
La maestra Claudia, insegnante di una primaria dell’area metropolitana genovese, mi ha colpita e affondata. Accompagnati a queste frasi erano pubblicati i disegni delle sue bambine e dei suoi bambini. Abbiamo l’onore di poterli pubblicare qui in questo articolo. Seconda elementare, anno scolastico 2021/2022. Terzo di pandemia.
La tristezza, parola chiave nella maggioranza dei manufatti, era una volta un mostro blu a braccia alzate – rosse queste ultime – sotto a una nuvola ricolma di pioggia. Diventava poi una campana di vetro sotto la quale una ragazzina dagli occhi all’ingiù guardava il panorama davanti a sé: solo i mobili della sua cameretta e una parete azzurra. E poi c’era lui, il piccolo rinchiuso nella gabbia della tristezza, fuori la pioggia e in lontananza un rumore, una risata grassa e assordante, quella del covid forse, bestia nera e sola disegnata a bloccare l’entrata davanti alla porta della scuola. E ancora c’era la tristezza del sole, rimasto intrappolato in una bolla, rinchiuso come lei, la bimba dai bei codini azzurri che voleva solo tornare alla vita normale.
A dire il vero non c’era solo la tristezza, la maestra Claudia lo ha ricordato per bene: c’era anche la strana calma di giornate tutte uguali, quella calma che, scrive un bambino, “mi fa stare sull’amaca sotto un ombrellone a dormire” e poi la stanchezza (“sono stanca di non andare a scuola”, si legge nel fumetto in bocca a un gatto blu), nonché la noia, pure un po’ di felicità per restare a casa con papà e mamma, per chiudere con tanta rabbia, un mostro infuocato che sbraita con la bocca larga e i denti aguzzi. Che sputa frecce infuocate e genera fulmini dal cranio da quanto è inviperito.
Il mostro rabbioso, il signore delle piogge e della tristezza che accompagnano le bambine e i bambini in questi giorni ancora bui di quarantene non verranno salvati dall’esercito di Figliuolo schierato contro la dad.
Vinceranno loro, il signor Tristezza e la signora Rabbia contro lo spiegamento di forze della corazzata nazionale? Il messaggio della maestra Claudia e dei suoi meravigliosi piccoli della 2A è chiaro e non deve passare in cavalleria: ascoltiamo le loro emozioni, capiremo anche la banalità del bene che abbiamo dimenticato di offrire loro.
IL COMMENTO
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