Cronaca

L'ha rivelato in aula un consulente di Autostrade. Per la prima volta al processo con Castellucci anche il suo braccio destro Donferri Mitelli, altro imputato eccellente
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di Michele Varì

GENOVA - Già nel 1991 nell'affrontare il progetto del rifacimento della pila 11 del Morandi la ditta titolare dei lavori nel prospettare altri interventi sulle altre parti del viadotto ammalorate aveva ipotizzato nel corso di una riunione con i vertici di Autostrade che era più conveniente abbattere il ponte piuttosto che investire per mettere in sicurezza le tante parti degradate.

E' emerso nell'udienza del processo sulla tragedia di Ponte Morandi che il 14 agosto del 2018 ha provocato la morte di 43 persone e per cui ci sono alla sbarra 58 imputati fra cui i vertici di Autostrade per l'Italia e di Spea, la società che avrebbe dovuto monitorare le autostrade.

A svelare davanti ai giudici dell'ipotesi di demolire il Morandi a neanche trent'anni dalla costruzione è stato il tecnico dell'impresa subappaltatrice di Aspi Preco Alberto Lodigiani
, incalzato dall'avvocato della famiglie delle vittime Raffaele Caruso

Nell'udienza di oggi per la prima volta in aula il dirigente di Autostrade per l'Italia Michele Donferri Mitelli (nella foto), numero due di Aspi,
capo delle manutenzioni, uno degli imputati eccellenti, braccio armato dell'ex amministratore delegato Giovanni Castellucci, anche lui presente in tribunale.

Donferri, come per beffa, ha rischiato di trovarsi davanti in aula uno dei testi, l'anziano ingegnere Pisani, che lui per depistare il ministero sui problemi del Morandi fece passare per morto,
con tanto di email, affinché non fosse validato il progetto di retrofitting della pila 9 del ponte che avrebbe messo in sicurezza il viadotto. Secondo l'accusa Donferri preferì a lui un ingegnere neolaureato che "rispondesse ai suoi ordini".

Pisani, uno degli allievi di Morandi, ultranovantenne, sarebbe dovuto essere interrogato alla prossima udienza: la sua udienza però è stata rinviata per motivi di salute.

I giudici, vista l'età, potrebbero limitarsi ad acquisire il verbale dell'interrogatorio già rilasciato alla finanza dopo la tragedia.


L'udienza di oggi è iniziata con i detective del primo gruppo della guardia di finanza che hanno svolto le indagini sulla tragedia.
Subito dopo dopo l'inizio dell'udienza però c'è stata una pausa perchè i magistrati titolari delle indagini hanno presentato ai giudici altri documenti, fra cui alcuni inerenti al viadotto della A26 Pecetti, che però fa parte di un altro processo, parallelo al crollo, come hanno fatto notare gli avvocati degli imputati.

I giudici hanno accettato i nuovi documenti e il processo è ripreso con l'audizione del maresciallo del nucleo metropolitano della guardia di finanza Vincenzo Andreone
, che ha indagato sull'indagine e fra i primi a giungere sotto il Morandi dopo la tragedia.

Le prime domande sono state sui report del viadotto Pecetti redatti dal tecnico di Spea di Bologna Alessandro Costa che aveva sottoscritto due diverse relazioni con la stessa data.
Due relazioni "differenti in contenuto e sostanza" ha detto il finanziere.

La prima era redatta da Costa, dopo attività di approfondimento con sopralluoghi sul viadotto Pecetti e consegnata agli inquirenti dallo stesso Costa durante l'interrogatorio
, l'altra relazione, modificata, invece è stata trovata durante perquisizioni negli uffici Spea sui falsi report.

Le relazioni, secondo l'accusa, venivano ammorbidite dall'imputato Maurizio Ceneri, ingegnere e coordinatore dei tecnici Spea, definito per questo dai pm durante la discussione dell'incidente preliminare "Coccolino perchè aveva il compito di ammorbidire i report".

Modifiche che hanno permesso di cambiare il voto del Pecetti, passato da 70, che avrebbe imposto la chiusura, a 60, e così sul viadotto pur ammalorato transitavano anche i mezzi pesanti definiti eccezionali.
L'alt sui viadotto in caso di un voto 70, ha detto Andreone, era previsto dai manuali. I legali degli imputati invece hanno detto che il voto di 70 non significava chiusura automatica del ponte, ma era solo l'ipotesi estrema in una scala di provvedimenti più soft.

Durante l'udienza c'è stata anche un'altra sospensione perchè l'avvocato genovese Guido Colella
che difende alcuni dirigenti di Aspi ha chiesto le scuse ufficiali da pm Cotugno: quest'ultimo rivolgendosi, agli avvocati dei difensori che non lo avrebbero lasciato parlare aveva detto: "“Quando finite di abbaiare arrivo alla domanda".

Il giudice Lepri per questo ha ammonito il pm, ma a Colella
non è bastato ed è uscito dall'aula perchè pretendeva le scuse ufficiali.

Tutto è stato ricomposto in pochi minuti e l'udienza è stata ripresa (con Colella in aula) con l'interrogatorio del finanziere Andreone
, che ha spiegato, fra l'altro come aveva acquisito gli organigrammi di Spea e Aspi. 

Domani la prevista udienza del processo non ci sarà, perchè i due testi in calendario, appunto Pisani e Giorgio Nicolini, altro ingegnere, non possono essere presenti.

Si riprende mercoledì mattina con l'audizione del tenente colonnello Giampaolo Lo Turco, vice comandante del primo gruppo della guardia di finanza che ha condotto le indagini. Una deposizione, la sua, importante e che si preannuncia molto interessante.

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