ROMA - Si sono definitivamente dissociati dai loro amici e, dopo le 280 ore a testa di volontariato, hanno chiuso la loro vicenda processuale.
Si è chiuso cos'il processo per Federico Basetti ed Enrico D'Antonio, i trentenni accusati d'aver depistato le indagini sulla morte di Martina Rossi, la studentessa genovese morta cadendo dal balcone di un hotel durante le vacanze alle Baleari il 3 agosto 2011, mentre fuggiva da un tentativo di stupro per cui sono stati condannati altri due ragazzi, due amici di Basetti e D'Antonio.
In aula si sono alzati e letto una lettera: "Siamo finiti in una cosa più grande di noi e siamo pentiti se abbiamo arrecato dolore ai familiari di Martina. In questi anni abbiamo a lungo pensato a quel che accadde e non abbiamo più nulla a che fare con le persone coinvolte nella tragedia".
Critico il papà di Martina, Bruno Rossi. "La nostra è una giustizia di classe. Solo chi ha i soldi non finisce in galera. È stata una udienza tragica ma anche commovente. I due ragazzi continuavano a leggere le loro scuse che avevano già scritto la volta prima. Ma io dopo un po' ho detto loro di andare oltre, di parlare senza leggere. E allora hanno chiesto davvero scusa. Ma la freddezza da parte nostra è stata totale. Anche gli altri due dopo 11 anni continuano a dirsi innocenti. Sono solo desiderosi di non scontare la pena".
Erano stati i genitori di Martina, Bruno e Franca Rossi, a chiedere che i due chiedessero scusa davanti a loro. "Vorremmo che sapeste che anche per noi questa tragedia è stata ed è un macigno del quale non ci libereremo mai nonostante sia solo un sassolino rispetto a quello che grava sui vostri cuori", scrissero i due giovani nella lettera fatta pervenire un anno fa ai genitori della studentessa.
Enrico e Federico non erano in quella camera, ma si intrattenevano con le amiche di Martina. Dopo la tragedia non avrebbero agevolato l'accertamento della verità. Per la morte di Martina sono stati condannati a 3 anni per tentata violenza sessuale altri due giovani aretini: Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi.
IL COMMENTO
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