GENOVA -Aveva detto che avrebbe parlato in aula per contribuire a stabilire la verità, e invece oggi, per voce del suo avvocato, ha annunciato che non si farà interrogare e non rilascerà nessuna dichiarazione spontanea. Un ripensamento, quello di Giovanni Castellucci (nella foto a sinistra), l'ex amministratore delegato di Autostrade per l'Italia, il principale imputato del processo per la strage del Morandi, che era nell'aria da settimane.
Si farà interrogare invece l'altro imputato eccellente, Michele Donferri Mitelli (a destra nella foto), responsabile delle manutenzioni di Aspi, che salvo ripensamenti dell'ultima ora potrebbe essere sentito nelle prossime udienze. Confermata invece la rinuncia a parlare di Riccardo Mollo, imputato, già direttore generale di Autostrade.
La notizia della rinuncia all'esame di Castellucci pur in parte annunciata fa rumore e sorprende perché nelle poche volte che in passato aveva rilasciato dichiarazioni durate le sue apparizioni in aula aveva detto che avrebbe accettato l'esame in aula "per contribuire all'accertamento delle verità". Una cambio di strategia sottolineato con tono sarcastico e affermazioni dure da Emmanuel Diaz, fratello di Henry, una delle 43 vittime, "Castellucci ha cercato di conquistare pure noi, ha cercato di ammaliarci, le carte però mettevano in evidenza la sua malvagità. Oggi il suo silenzio dimostra anche la sua codardia e la consapevolezza della sua colpa".
L'avvocato Guido Carlo Alleva, difensore dell'ex numero uno di Aspi, ha commentato la rinuncia affrettandosi a dire che il suo assistito fornirà comunque un contributo al processo in un momento successivo.
Castellucci è stato di recente condannato in appello a sei anni di reclusione nel processo per la strage avvenuta sull’autostrada A16 in provincia di Avellino il 28 luglio 2013 dove un bus precipitò da un viadotto provocando quaranta morti.
La rinuncia di Castellucci è stato ufficializzata all'apertura dell'udienza con cui dopo due settimane di pausa è ripreso il processo con l'esame dell'imputato Pierluigi Ceseri (nella foto al centro), ingegnere, ex amministratore delegato per due anni e direttore generale di Aspi degli anni '90.
Per l'accusa da lui dipendeva direttamente la funzione Lavori e Manutenzione.
Ceseri però in aula ha ribadito che lui in veste di direttore generale aveva funzioni di coordinamento e non aveva mai appreso che il ponte potesse essere a rischio perché come tutte le opere di autostrade veniva monitorato dagli organi tecnici e con le prove riflettometriche anche grazie a investimenti ordinari e straordinari previste per le manutenzioni. "No, non mi informai su come funzionassero le riflettometriche, non mi interessava" ha precisato rispondendo a una domanda del pm.
"Fino a che c'ero io e Autostrade era pubblica tutto andava bene - ha aggiunto Ceseri -. Poi venne privatizzata e cambiò tutto. Io avevo lo spirito dell'uomo al servizio della cosa pubblica. Poi cambiò questo approccio e contavano solo i conti. Sì difendeva il servizio pubblico - ha continuato -. Nel 1985 ci chiamò il presidente Sandro Pertini per farci i complimenti perché durante il grande gelo non chiudemmo l'autostrada". Ceseri ha detto che negli anni precedenti la sua conoscenza era dettata da alcuni articoli che aveva letto sulla rivista di Autostrade che parlavano dei lavori al viadotto Polcevera, "sapevo che era un'opera importante disegnata da un ingegnere importate come Morandi, poco più".
"Nel '96 mi fu rassicurato dal condirettore Camomilla che l'opera era ripristinata ed in condizioni di sicurezza. Per la manutenzione ordinaria della rete avevamo previsto di spendere 400 miliardi di lire in 40 anni".
Dopo Ceseri, attorno alle 15, è iniziata l'interrogatorio di un altro imputato, Mario Bergamo, ingegnere direttore centrale manutenzioni e investimenti di Aspi, il predecessore di Donferri, fu lui ad avviare i lavori sulle pile 9 e 10 e ha subito chiesto di fare una premessa di carattere personale: "Ho vissuto la tragedia come un grosso lutto e mi sono subito messo a disposizione delle istituzioni perché per me è stato un fallimento dell'azienda e anche dal punto di vista professionale, anche se capisco che questo non è paragonabile con il dolore dei familiari delle vittime". A riprova di questo il pm Cotugno ha confermato che pochi mesi dopo la tragedia Bergamo era stato uno dei pochi a chiedere di essere interrogato dagli inquirenti.
Bergamo ha poi aggiunto: "Non ho mai avuto nessun elemento che lo potesse allarmare sulle condizioni del Ponte Morandi e dalle prove riflettometriche si può escludere una rottura fragile dello strallo. Non solo: a dire di Fulvio Di Taddeo (altro imputato, responsabile ufficio manutenzione opere strutturali di Aspi ndr), che aveva verificato bene, non erano state segnalate anomalie sul Morandi. Mi disse che il ponte aveva una riserva di sicurezza talmente elevata che non c'era nessuna preoccupazione. E lo confermò anche davanti a Castellucci".
L'esame di Bergamo è stato interrotto alle 18 e proseguirà domani mattina.
IL COMMENTO
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