
GENOVA -"Non volevo colpire nessuno ma solo spaventare quei due uomini che mi avevano gettato in casa un petardo. Con quella freccia intendevo centrare il vaso di fiori di plastica che c'è nel cortile e invece ho fatto la cosa più stupida della mia vita che mi porterà addosso per sempre...".
A parlare è Evaristo Scalco, 64 anni, l'artigiano che nella notte fra l'1 e il 2 novembre dello scorso anno ha ucciso con una freccia in vico Mele, nel centro storico di Genova, Javier Alfredo Miranda, 40 anni, muratore peruviano che stava festeggiando la nascita del figlio. L'imputato oggi ha raccontato la sua versione davanti ai giudici della Corte di Assise nell'udienza del processo che lo vede accusato di omicidio volontario.
Agli arresti domiciliari nella sua casa in provincia di Varese, Scalco in aula ha ricostruito così la tragedia: "Era passata mezzanotte, ero appena rientrato da una cena con i colleghi con cui avevamo trasferito a Genova una barca a vela da Malta, ero alla finestra di casa mia per fumarmi una sigaretta. Mi sono arrabbiato quando ho visto due uomini fare pipì contro la saracinesca di un basso di un disabile che avevo aggiustato io. Ero molto stanco, gli ho gridato che quelle cose non si fanno, forse gli ho detto anche "stranieri di merda", anche se io non sono mai stato razzista, anzi, ma uno di loro mi ha lanciato un petardo in casa. Mi sono accorto di questo quando ho visto la carta del petardo nella mia abitazione, l'ho presa e glielo lanciata contro, loro hanno esploso un secondo petardo gridandomi minacciosi in spagnolo di scendere in strada. Io li capivo visto che mia moglie è argentina e parlo lo spagnolo e ho perso la testa: ho afferrato l'arco, che era già armato, e ho scoccato la prima freccia che ho trovato, da caccia con tre punte, ma volevo solo per spaventarli, mirando a un vaso di plastica con dentro la terra, perchè se avessi colpito qualcosa di duro potevo fare male alle persone con i frammenti della freccia, invece mi sono accorto che ho colpito uno due due, quello che aveva urinato sulla saracinesca".
"E' stato allora che sono sceso per capire cosa era successo e prestargli soccorso. Il ferito era in pancia in giù, l'ho girato e ho cercato di capire che ferita aveva, era buio, ho cercato di estrarre la freccia, ma avevo le mani che mi scivolano perché erano sporche di sangue, per terra c'erano altri frammenti della freccia, non ho chiamato il 112 perché il cellulare l'avevo lasciato in casa, poi sono salito nell'appartamento a prendere degli asciugamani per tamponare la ferita e una coltello multiuso con la pinzetta per provare ad estrarre la punta della freccia. Ma dopo due tentativi poi mi sono fermato perché mi rendevo conto che potevo peggiorare la situazione. Quando sono arrivati i carabinieri mi sono assunto le mie responsabilità e sono stato portato in caserma dove mi hanno arrestato. Ho appreso che il ferito era morto solo dopo due giorni in carcere, guardando la tv ".
IL COMMENTO
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