Cronaca

Un emendamento del ministro della giustizia Nordio eviterà il pensionamento nel 2024 di Massimo Terrile, il regista dell'inchiesta. Lunedì 18 ultima udienza 2023, poi si riprende con i testi della difesa il 9 gennaio 2024. Il verdetto forse nel 2025
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di Michele Varì

GENOVA -Un emendamento alla legge di Bilancio del ministro della Giustizia Nordio che permette a un magistrato di lavorare tre anni dopo avere raggiunto i settant'anni complica la situazione già molto complicata per i 58 imputati per la tragedia di Ponte Morandi. In questo modo il pubblico ministero Massimo Terrile (nella foto di spalle), lo sceriffo, il regista dell'inchiesta condotta insieme a Walter Cotugno e Marco Airoldi, potrà non andare in pensione nel novembre del prossimo anno al compimento dei settant'anni.

La notizia non farà piacere agli avvocati degli imputati che non hanno mai fatto mistero di stimare, e per questo temere, Terrile, che qualcuno da definito lo sceriffo, in aula sino agli interrogatori dei testi dell'accusa e di Donferri, poi rimasto dietro le quinte, per completare la memoria di accusa, giunta a quasi 5mila pagine.

Il processo intanto va avanti con i tempi lunghi di un dibattimento con 58 imputati e tanti parti civili.

L'ultima udienza del 2023 del processo ci sarà lunedì 18 dicembre, poi stop sino al 9 gennaio, quindi si andrà avanti con tre udienze, salvo intrecci con l'altro processo, il Morandi Bis, che si svolgerà di giovedì, che potrebbe fare saltare una delle udienze settimanali.

Il calendario è stato ipotizzato dal presidente del collegio dei giudici Lepri dopo la rinuncia degli avvocati difensori a oltre 130 dei 360 testi programmati, a dimostrazione, hanno rimarcato i legali degli imputati, che nessuno cerca di perdere tempo.
 
Oggi fra i testi delle difese in aula anche Cesare Iacobucci, il marito di Serena Alemanni, imputata responsabile della sorveglianza di Spea: il coniuge per rimarcare che nessuno poteva prevedere il crollo ha ribadito che transitava in auto sul Morandi tutti il giorno con il figlioletto.
Per sottolineare che la tragedia non era prevedibile è stato ascoltato anche Giuseppe Camossi, un trasfertista della Valcamonica che ha lavorato sul ponte sino a un mese prima del crollo, quando si è licenziato: "I mie colleghi si sentono miracolati, il 14 agosto, il giorno del crollo erano a lavorare sul ponte sino alle prime ore della mattina. Se abbiamo mai avuto paura di lavorare lassù? Mai, mai avuto avvisaglie, neppure quando il ponte era pieno di auto e camion in coda. Quando è crollato il ponte ero in vacanza in Bosnia, mi ha chiamato e mi ha detto, "è crollato il ponte", io non ci credevo...".

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