Cronaca

Il titolare delle Infrastrutture e dei trasporti di un governo Berlusconi dovrebbe essere in aula stamane in veste di teste per conto dei due imputati Coletta del Mit e di Ceseri di Aspi
4 minuti e 3 secondi di lettura
di Michele Varì

GENOVA - Riprende oggi, lunedì 29 gennaio, il processo ai 58 imputati alla sbarra per la strage provocata dal crollo del ponte Morandi il 14 agosto 2018: questa è la settimana in cui è atteso un altro teste importante delle difese, l'ingegnere di Parma Pietro Lunardi, 84 anni, ex ministro delle Infrastrutture del governo Berlusconi, dal 2001 al 2006, l'uomo che sognava di alzare i limiti di velocità in autostrada e ritenuto grande esperto in ponti e gallerie tanto che è nel pool del discusso progetto del Ponte sullo stretto di Messina, da lui di recente definita "un'opera strutturalmente semplice".

Lunardi è stato chiamato come teste dall'imputato del Ministero delle Infrastrutture Mauro Coletta, che era capo Direzione generale per il controllo sulle concessioni autostradali al Mit, e da un altro imputato, Pierluigi Ceseri, ex amministratore delegato per due anni e direttore generale di Aspi degli anni '90.

Nelle scorse udienze nel maxi processo del Morandi sono sfilati altri ex ministri, a giugno dello scorso anno Graziano Delrio e Antonio Di Pietro, lunedì scorso Paolo Costa e Stefano Patuanelli, chiamati a testimoniare dall'imputato più importante, l'ex amministratore delegato di Autostrade Giovanni Castellucci. Costa che è stato anche dirigente di Spea, che aveva il compito di controllare Aspi, ha detto di avere appreso dell'esistenza del viadotto Polcevera il giorno del crollo.

Ma torniamo a Lunardi: l'ex ministro di Forza Italia è il politico che nel 2001 introdusse la patente a punti, anche se viene ricordato soprattutto per essersi detto favorevole nel 2001 all'elevazione dei limiti di velocità sulle autostrade fino a 150–160 km/h, altro che limiti a 30 km/H nei centri città.
Con Lunardi ci dovrebbero essere - il condizionale è d'obbligo visto le tante rinunce o rinvii avvenuti nelle precedenti udienze - i testi Aiello, Corsini, Contadini, sempre per Coletta.

Mauro Coletta è stato imputato dalla guardia di finanza e dai pm Terrile, Cotugno e Airoldi perchè ha rivestito per quasi 17 anni il ruolo di dirigente e avrebbe dovuto predisporre i controlli sul Morandi, prima ai vertici degli uffici Anas poi del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti. Il 23 settembre ha parlato in aula davanti ai giudici Lepri, Polidori e Baldini: dalle sue parole è emerso che nessuno vigilava su Autostrade perché Anas e Ministero negli anni si sono sempre limitati a raccomandare i vari uffici di farlo, ma nessuno effettuava verifiche se i monitoraggi venissero poi realmente svolti.

Nella sua lunga deposizione, che aveva occupato l'intera udienza, sono sembrate emergere tutte le ragioni per cui un viadotto ammalorato dagli anni '90 è stato dimenticato per trent'anni e poi è crollato uccidendo 43 persone. Perchè nessuno controllava l'operato di Autostrade per l'Italia.

Coletta in aula aveva svelato che prima del 2006, quando a vigilare era ancora Anas, non c'era neanche un ufficio deputato al monitoraggio. Poi era nato l'Invca del Ministero delle Infrastrutture che avrebbe dovuto monitorare e invece si è rivelata una scatola vuota piena di dipendenti ministeriali che non si sa bene cosa facessero.

Coletta davanti alle domande dei due Pm Cotugno e Airoldi non è parso mai in affanno, perchè pur essendo imputato sembrava parlare di omissioni e reati che riguardavano altri. Sembrava assente o forse solo volare troppo alto. Più volte ha ribadito che lui le circolari per disporre le verifiche le inviava, per poi ammettere che non si è mai interessato a capire che qualcuno effettuasse quei controlli. Fra le fasi che hanno colpito di più in aula quella che "non avevamo neanche i soldi per il carburante...".

L'altro imputato che ha chiesto Lunardi come teste è Ceseri, ex Ad e direttore di Autostrade negli anni '90. Per l'accusa da lui dipendeva direttamente la funzione Lavori e Manutenzione.
Ceseri il 6 novembre scorso in aula ha ribadito che lui in veste di direttore generale aveva funzioni di coordinamento e non aveva mai appreso che il ponte potesse essere a rischio perché come tutte le opere di autostrade veniva monitorato dagli organi tecnici e con le prove riflettometriche anche grazie a investimenti ordinari e straordinari previste per le manutenzioni. "No, non mi informai su come funzionassero le riflettometriche, non mi interessava" ha precisato rispondendo a una domanda del pm.

"Fino a che c'ero io e Autostrade era pubblica tutto andava bene - aggiunse Ceseri -. Poi venne privatizzata e cambiò tutto. Io avevo lo spirito dell'uomo al servizio della cosa pubblica. Poi cambiò questo approccio e contavano solo i conti. Sì difendeva il servizio pubblico - ha continuato -. Nel 1985 ci chiamò il presidente Sandro Pertini per farci i complimenti perché durante il grande gelo non chiudemmo l'autostrada". Ceseri ha detto che negli anni precedenti la sua conoscenza del Morandi era dettata da alcuni articoli che aveva letto sulla rivista di Autostrade che parlavano dei lavori al viadotto Polcevera, "sapevo che era un'opera importante disegnata da un ingegnere importate come Morandi, poco più. Nel '96 mi fu rassicurato dal condirettore Camomilla che l'opera era ripristinata ed in condizioni di sicurezza. Per la manutenzione ordinaria della rete avevamo previsto di spendere 400 miliardi di lire in 40 anni".

ARTICOLI CORRELATI

Mercoledì 24 Gennaio 2024

Processo Morandi: memoria magistrati su indagati per progetto rinforzo pile

Nello scritto i pm spiegano il perché delle accuse a tutti gli imputati che dal 2016 hanno avuto responsabilità con il progetto che avrebbe messo in sicurezza gli stralli del viadotto