Cronaca

Roberti, consulente degli indagati ha lavorato per Ustica e la strage di Viareggio: "Vizio di costruzione occultato causa del crollo", ma per il pm le cause sono nella scarsa manutenzione
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di Michele Varì

GENOVA - Al processo per la strage del Morandi è il giorno del super consulente di Spea esperto in corrosione Roberto Roberti: per lui a minare la stabilità del ponte è stato un vizio di costruzione che ha indotto uno stato di umidità perenne nelle pile, la causa del crollo.
Per il pm Cotugno, che lo ha incalzato con continue domande, invece la colpa del crollo è delle fessurazioni sulle pile mai scoperte da Autostrada e Spea che hanno provocato l'ingresso dell'umidità e la corrosione dei cavi annegati nel cemento.

Roberti, ingegnere docente di metallurgia in pensione, accompagnato dalla moglie poi rimasta seduta fra il pubblico, è il super esperto che ha lavorato come consulente sulla strage del Dc9 Ustica e sulla strage del treno nella stazione di Bologna. Un luminare di grande personalità eppure più volte sia il giudice Lepri che l'avvocato Francesco Del Deo, difensore di alcuni imputati di Spea, sono dovuti intervenire per placare la veemenza dell'interrogatorio da parte del pm Walter Cotugno nei confronti del consulente. La tesi dell'esperto è che dentro la pila ci sempre stata acqua, a causa dell'errore di costruzione mai rivelato dai costruttori, umidità che ha corroso i cavi perché non erano protetti in modo adeguato, come è stato riferito nella relazione di Autostrade per l'Italia. .

Un'affermazione appresa con ilarità dai tecnici dell'accusa che hanno parlato di miracolo, "il ponte produceva sudorazioni come le statue delle madonne che lacrimano".
In realtà tecnicamente, a detta dei consulenti di Aspi, pare che ogni costruzione in cemento subisca una fisiologica sudorazione esattamente come una persona che avviene dal giorno della costruzione. "Gli stralli di un ponte fisiologicamente si muovono e per questo alla lunga si fessurano, come si vedeva anche ad occhio nudo".

Tesi contrastata dall'accusa per cui la pila nove che ha provocato il crollo non può avere avuto nessuna "sudorazione" perché, fra l'altro, costruita in piena estate, nel 1967.

I tecnici di Autostrade per l'Italia - trapela dalla procura che sostiene l'accusa - erano a conoscenza dell'ammaloramento, lo confermano i tanti scassi di controllo effettuati negli anni '90 sulla pila 9, il problema è che dopo avere sistemato la pila 11 e parzialmente la 10, non sono intervenuti sulla 9 per questo poi crollata.
Nell'udienza di oggi si è parlato anche della prevista ispezione alle macerie del ponte per rivedere il reperto 132 richiesta dai giudici e da molti consulenti: la data non è stata ancora fissata.

L'altro consulente di Aspi previsto per oggi, Pastore, non si è presentato in aula per un improvviso intoppo personale. Sarà sentito in un'altra udienza, domani, 16 luglio, sarà forse l'ultima udienza del processo prima della lunga pausa estiva che durerà fino all'11 settembre.
Dopo quella data saranno programmate anche le dichiarazioni spontanee dei tanti imputati che hanno chiesto di parlare con i giudici, primo fra tutti l'ex amministratore delegato di Autostrada per l'Italia Giovanni Castellucci.

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