GENOVA - "Non sono un assassino e non conoscevo quella donna".
Continuerebbe a ribadire la sua innocenza Fortunato Verducci, il carrozziere di Staglieno di 65 anni indagato per l'omicidio di Maria Luigia Borrelli, la donna dalla doppia vita, ufficialmente infermiera, in realtà prostituta, uccisa con uno sgabello e un trapano in un basso di vico Indoratori, nel centro storico di Genova, il 5 settembre del 1995.
A indicare Verducci a sorpresa ma senza dubbi dopo 29 anni come l'assassino della donna è il suo codice genetico estrapolato da quattro copiose macchie di sangue e su alcune cicche di sigaretta di Diana blu, non a caso la stessa marca delle sigarette che l'uomo fuma ancora oggi.
Il profilo genetico del presunto assassino a detta dei poliziotti della mobile e della guardia di finanza sarebbe compatibile in modo completo con quello del carrozziere di Staglieno: la classica pistola fumante, la prova scientifica della sua responsabilità, perché in questi casi, quando si trovata il dna di una persona su un cadavere è il sospettato a dovere provare la sua innocenza, e non il contrario.
Accadde per Bossetti il cui codice genetico venne trovato sugli indumenti intimi della povera Yara, lo stesso dovrà fare il carrozziere che dovrà convincere i giudici di essere estraneo al delitto del trapano.
Per questo, come fece Bossetti con scarsi risultati, anche gli avvocati di Verducci, i legali Nicola Scodnik e Giovanni Ricco, potrebbero affidarsi all'unica carta possibile: chiedere di rifare gli esami genetici alla presenza di periti del tribunale e dei propri consulenti genetisti.
Il responso potrebbe cambiare perché la quantità di dna sui reperti potrebbe variare o essere insufficiente per ottenere un profilo completo e attendibile. In quest'ultimo caso però, in caso di responso nullo, la sorte di Verducci potrebbe essere ugualmente segnata: il valore delle indagini scientifiche svolte dai consulenti del pm non cambierebbe. Prove schiaccianti che potrebbero condannare l'indagato al carcere a vita.
IL COMMENTO
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