Cronaca

Possibile scontro tra accusa e difese sulla possibilità di ascoltare subito le dichiarazioni spontanee degli imputati o invece attendere l'esito dei nuovi accertamenti che potrebbero richiedere uno stop di 90 giorni
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GENOVA - Riprende oggi primo ottobre nel tribunale di Genova dopo due settimane di stop il processo sulla strage del crollo di ponte Morandi che il 14 agosto del 2018 ha causato la morte di 43 persone e per cui alla sbarra ci sono 58 imputati: i giudici Lepri, Baldini e Polidori dovrebbero comunicare la decisione di fare svolgere nuove perizie integrative come richiesto dagli avvocati degli imputati e anche dai pm dell'accusa.

Nuove perizie che potrebbero fare allungare il processo di 90 giorni: un lasso di tempo che i pm vorrebbero impiegare per sentire alcuni dei ventidue imputati che hanno annunciato di volere rilasciare dichiarazioni spontanee, anche se alcuni delle persone sotto accusa hanno già annunciato come è loro facoltà di volere parlare dopo l'esito delle perizie.

Più precisamente nell'ultima udienza l'avvocato Massimo Pellicciotta, difensore di alcuni imputati, aveva chiesto di verificare lo stato di salute dell'acciaio dei trefoli dello strallo della pila 9, ma non solo nel punto dove si che si è spezzato causando il crollo, ma anche nel resto della pila, per dimostrare che la corruzione era localizzata solo nel punto del difetto di costruzione mentre nel resto non c'era perché la manutenzione veniva effettuata in modo adeguata, "una richiesta - ha ricordato in aula Pellicciotta - già avanzata  in sede di incidente probatorio, allora il giudice non disse di no ma rinviò tutto dicendo che allo stato non serviva, ma se ne sarebbe riparlato nel dibattimento".

La tesi di Pellicciotta è semplice, come ha spiegato a Primocanale: "I pm dicono che è stata fatta male la manutenzione del ponte, noi vogliamo verificare se la corrosione era elevata solo nel reperto 132 in cui è originato il crollo, perchè se nel resto del ponte l'acciaio non è corroso significherebbe che la manutenzione è stata fatta bene e il distacco della pila 9 non può che essere che addebitabile al difetto di costruzione, è come se tu mi dai un'auto con quattro gomme, tre vanno bene, una invece ha il battistrada meno spesso, se poi questa ruota si buca poi tu non puoi dirmi che la colpa è mia perché non ho gonfiate bene i pneumatici".

Nell'ultima udienza aveva sorpreso la richieste di una consulenza anche da parte dei pm Walter Cotugno e Marco Airoldi. I due pubblici ministeri hanno chiesto di approfondire se l'umidità che ha corroso i cavi è arrivata dall'esterno o se invece è rimasta lì per oltre cinquant'anni, sin dal giorno della costruzione.

L'istanza dei due pm si basa sull'assunto che alcuni avvocati difensori hanno affermato che la pila crollata si è corrosa da dentro mentre l'esterno era intatta, i magistrati sulla base dei calcoli di una consulenza già acquisita hanno affermato che questa tesi non regge perché non poteva esserci un così elevato stato di corrosione se ci fosse stato solo il difetto di costruzione, perché questo avrebbe significato che l'acqua si ricreava come per magia all'interno degli stralli. Per questo i pm, nell'eventualità che quella prima consulenza possa non essere accettata dai giudici, hanno chiesto di rifare una perizia dello stesso tipo.

Ad opporsi alla richiesta di Cotugno e Airoldi anche l'avvocato di una parte civile Fabio Panariello, perché la ritiene un azzardo, "perchè se la perizia non rivelasse umidità nel resto della pila 9 si potrebbe arrivare a dire che la causa di quel distacco localizzato in un unico punto è il difetto di costruzione occultato, ossia la tesi regina della difesa".

Alla sbarra per la tragedia ci sono perlopiù ex dirigenti di Autostrade per l'Italie - fra cui l'ex amministratore delegato Castellucci (che oggi potrebbe essere in aula)- e di Spea, la controllata che avrebbe dovuto monitorare Aspi: l'accusa gli imputa di avere omesso i controlli e non svolto i lavori necessari al fine di risparmiare e permettere ai soci di Atlantia della famiglia Benetton di intascare più dividendi.

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