Una rappresentanza dei ventisei lavoratori che hanno perso il posto di lavoro, i sindacati ma anche i vertici dell'azienda che ha deciso di chiudere. Il 12 novembre a mezzogiorno a palazzo Tursi tutte le parti interessate all'improvvisa chiusura dello storico bar ristorante di Piccapietra Moody saranno ricevute dall'assessore al Lavoro Mario Mascia: l'obiettivo minimo è riuscire a fare ottenere ai lavoratori gli ammortizzatori sociali come la cassa integrazione.
La chiusura l'11 settembre
Tutto al Moody è crollato dopo l'incendio dello scorso 11 settembre nei fondi dove è situato l'impianto di condizionamento del complesso, un rogo pare sviluppato da un corto circuito che ha costretto il locale a chiudere.
Si pensava che avrebbe riaperto nel giro di pochi giorni, e invece le saracinesche sono rimaste abbassate. Un rogo su cui fra l'altro ci sono ancora molti punti oscuri, come trapela dagli stessi lavoratori. Non a caso la procura, nella persona del pm Gabriella Marino, ha avviato un'indagine.
Holding svizzera a capo del gruppo
La società che ha acquisito il Moody dopo il fallimento di Qui Group fa capo ad una holding svizzera che invece di prospettare una riapertura e trovare nuovi investitori utili a coprire i costi ha scelto la scorciatoia più drammatica, chiudere definitivamente e trasferire tutte le maestranze in locali sparsi in Italia. Un'opportunità rifiutata per ora da tutti i lavoratori, visto che si prospetta di trasferirsi in Sardegna o Veneto.
Nei primi giorni al fianco dei lavoratori è stato Maurizio Fiore, segretario Filcams Cgil Genova, che li ha condotti anche nella Sala del Maggior Consiglio del Ducale durante un dibattito degli aspiranti presidente della Regione. Oggi con i disoccupati ci saranno anche gli altri sindacati di categoria. Tutti insieme per cercare di salvare il posto di lavoro o perlomeno ottenere la cassa integrazione per fare fronte alle spese che tutte le famiglie si sono trovate ad affrontare all'improvviso senza uno stipendio.
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