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"Ci sono così tanti elementi che permettevano di comprendere la situazione del ponte che non si riesce a comprendere come mai tanti dei dirigenti di Aspi e di Spea abbiano deciso di non fare proprio nulla per evitare il crollo".
Lo ha detto Emmanuel Diaz, fratello di Henry, una delle 43 vittime del Morandi, all'ultima udienza del processo. Una fase tecnica in cui i periti del tribunale hanno risposto ai quesiti posti dai giudici affermando fra l'altro che l'ammaloramento della pila 9 crollata era noto, come rivela una email del 2011 fra due imputati, che i controlli su cui si basavano le verifiche con le prove riflettometriche erano inaffidabili e che dopo gli interventi sulla pila 11 e in parte sulla 10 negli anni '90 erano inevitabile monitorare con scassi anche la 9. Senza parlare dell'obbligo di verifica che Aspi aveva anche dal punto di vista normativo dal 2008, dieci anni prima del crollo, e ancora prima dal 1967, per una circolare che faceva riferimento alle consuetudini ingegneristiche.
"Le carte che porteranno in galera gli imputati sono una montagna, sono veramente tante - spiega ancora Emmanuel - i periti hanno dimostrato che le Rimt, le prove riflettometriche usate da Autostrade, erano inutili come sono state definite. La base dell'accusa così è sempre più solida e ora permette al collegio dei giudici di giudicare con maggiore certezza e i membri delle difese non hanno più argomenti per dilatare i tempi della sentenza, anche se stanno cercando disperatamente di dilatare i tempi della sentenza, nel frattempo quattro degli indagati del processo per la tragedia avvenuta sull'autostrada di Avellino, sono stati condannati e così rischiamo di vedere Castellucci (l'ex amministratore delegato di Autostrade per l'Italia) in galera entro la fine dell'anno".
IL COMMENTO
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