
Aggiornamento
L'udienza inizia con la prevista decisione della corte di assise di stralciare la posizione della 93enne Marisa Bacchioni, che di fatto esce dal processo perchè definita incapace di intendere e volere da una relazione medico legale presentata dal suo avvocato Andrea Vernazza.
Il primo ad essere sentito è il maresciallo dei carabinieri Giuseppe Mariotta, allora in servizio nella caserma di Sestri Levante, oggi in servizio a Ragusa, in Sicilia dove si è trasferito
Il maresciallo dei carabinieri ricorda la segnalazione di Adriana Berisso, la donna che per primo fece il nome di Cecere come possibile assassina recandosi nella caserma di Sestri Levante, poi ha ricordato la perquisizione svolta in casa di Cecere tesa trovare i bottoni uguali a quello rinvenuto sulla scena dal delitto. Mariotta sottolinea la grande fredezza da parte delle Cecere, "era come si aspettasse. Trovammo cinque bottoni uguali a quello che cercavamo in un cassetto". Spiegando poi che il pm Gebbia di fronte ai loro riscontri gli disse di concludere al più presto l'indagine perchè la polizia aveva dei riscontri importanti che porteranno a breve alla chiusura delle indagini.
Gebbia, risulta dalle indagini, era ormai convinto che la pista della polizia che indicava come assassino Marco Soracco erano a buon punto. Per la Berisso Cecere aveva anche fatto una richiesta di matrimono a Soracco.
Il secondo teste è il maresciallo Leo che lavorava a Chiavari che ha risposto alle domande del pm Dotto.
"Fummo avvisati del fatto e andammo a verificare in via Marsala, era circa mezzogiorno, c'erano i poliziotti che stavano ultimando gli accertamenti. Noi andammo nell'appartamento e vedemmo delle macchie di sangue, cercavamo di acquisire notizie perchè poteva capitare che noi potevamol conoscevamo qualcuno che poteva sapere delle informazioni utili, giravamo per strada a fare domande, poi delle persone che ci hanno segnalato una mendicante che stazionava nella zona che poteva sapere e aveva già detto qualcosa sul fatto. Il giorno prima avevamo saputo che i colleghi di Sestri Levante avevano saputo qualcosa di utile alle indagine, e da lì conoscemmo l'identità della donna sospettata, che poi associammo a quanto diceva la mendicante perchè la stessa di disse che la donna abitava lì, a pochi passi da via Marsala. La mendicante ci disse che aveva notato la donna sospetta perchè presentava mano insanguinato e si guardava intorno a lei con fare circospetto. Con la mendicante c'era e aveva visto anche lui la sospetta anche il figlio che stava sempre con la mamma perchè spingeva la carrozzella della donna, che aveva problemi di deambulazione, noi conoscevamo lui perchè aveva avuto qualche problema giudiziario. Dalle parole della donna e del figlio elaborammo un fotofit, delle foto segnaletiche molto elaborate che poi mostrammo per vedere se riconoscevano la donna. A questo puntoi avviamo indagini per trovare riscontri su quella donna e ci adoperammo per avere dal magistrato il mandato di perquisizione e l'autorizzazione a effettuare le intercettazioni telefoniche. Il pm ci diede la foto in bianco e nero del bottone trovato sul luogo del delitto. Andammo a fare perquisizione la mattina presto, alla ricerca di bottoni uguali o un indumento in cui mancavano bottoni uguali. Lei, Cecere, era molto tranquilla, sembraba che ci stesse aspettando, è rimasta impassibile, solitamente le persone si agitano, ci chiedono, trovammo un po' di riviste con le pagine sugli articoli del delitto, poi trovammo in una credenza cinque bottoni che sequestrammo perchè si presentavano uguali a quello che cercavamo, unica differenza che quelli rinvenuti avevano un cerchietto in più, per me potevano essere leggermente diversi perchè erano di un polsino, non so.
Cronistoria
Entra nel vivo con un teste dell'accusa ritenuto fra i più importanti il processo per il delitto della segretaria di Chiavari Nada Cella: oggi davanti ai giudici della corte di assise di Genova comparirà Adriana Berisso, la vicina di casa di Anna Lucia Cecere che nel 1996, pochi giorni dopo l’omicidio, indicò per prima il nome della donna ai carabinieri di Sestri Levante.
"Appena seppi del delitto pensai a lei..."
Abitante come Cecere in corso Dante, a poche decine di metri dal palazzo del delitto di via Marsala, Berisso rivelò che la vicina la mattina del 6 maggio in cui avvenne l'omicidio vide uscire la donna prima del solito, per poi rientrare e uscire una seconda volta. In serata Cecere poi stese tutti gli abiti indossati, come non faceva mai. Non solo: Berisso aggiunge che alla notizia del delitto aveva subito pensato alla vicina di casa perchè "violenta" e sapeva che detestava Nada sostenendo pubblicamente che "era scesa dalle montagne per rubarle il posto di lavoro", a conferma che Cecere ambiva all’impiego di Nada.
Dopo di lei accuse dalla mendicante e dal figlio
Berisso nel 1996 si recò ai carabinieri della compagnia di Sestri Levante dove gestiva con il marito una concessionaria di auto ma prima di parlare pretese l'assoluta privacy, "se si viene a sapere che ho parlato sono rovinata" disse. Con un inusuale e molto discutibile accordo visto che si trattava di un'indagine per omicidio, i militari inizialmente garantirono l'anonimato e raccolsero la sua denuncia, poi trasmessa ai carabinieri di Chiavari.
Fu allora che i detective chiavaresi scovarono la mendicante e il figlio che chiedevano l'elemosina nella zona che confermarono di avere visto quella donna di nome Anna uscire dal palazzo di via Marsala sporca di sangue, salire sullo scooter e allontanarsi sconvolta.
Il sequestro dei cinque bottoni
Furono quei carabinieri a effettuare la perquisizione nella casa della Curia di Cecere che permise di sequestrare cinque bottoni con una stella uguale a quello rinvenuto sporco di sangue sotto il corpo agonizzante di Nada.
I carabinieri convinti di avere scoperto assassino
Si racconta che i militari quel giorno festeggiarono, convinti di avere risolto il giallo e avere clamorosamente battuto i "rivali" della polizia titolare dell'importate indagine di cui parlava tutta Italia. Roba d'altri tempi, ora carabinieri e polizia non solo non si sfidano, ma s'ignorano, forse perchè anche il loro approccio al lavoro è molto cambiato, è più soft, quasi sempre irregimentato negli orari dei turni, figlio di una società assai diversa.
Ma il pm Gebbia li gelò
Ma i carabinieri nel '96 cantarono vittoria troppo presto perchè non avevano fatto i conti con il magistrato titolare dell'indagine Filippo Gebbia che era convinto, come la polizia e l'opinione pubblica, che l'assassino fosse il commercialista Marco Soracco datore di lavoro della segretaria uccisa. Il movente era confezionato: "l'ha ammazzata perché lei lo respingeva e lui era innamorato". Una teoria sempre rimasta tale.
Distratti dalla pista Soracco
Erano i giorni fra l'altro in cui era emerso che Soracco, indagato per omicidio, qualche sera prima del delitto dopo avere bevuto una birra con il collega Bertuccio (altro importante teste dell'accusa che sarà ascoltato nelle prossime udienze) rivelò nel suo studio sarebbe accaduto un fatto importante di cui avrebbe parlato tutta Italia.
Bertuccio lo disse agli inquirenti, così venne microfonato dai poliziotti e inviato a fare parlare Soracco per fargli ripetere quelle frasi. Ma Soracco smentì in modo categorico di avere mai pronunciato quelle parole.
Così mentre svaniva la pista più facile del "commercialista innamorato" veniva sottovalutato il filo che conduceva a quella donna che ora, quasi trent'anni dopo, è imputata per la seconda volta per il delitto.
Bottoni subito restituiti
Il pm Gebbia smontò l'indagine dell'arma sostenendo che i bottoni sequestrati erano più grandi e diversi da quello rinvenuto nello studio, mentre in realtà, sostiene la nuova indagine, erano solo in apparenza differenti perché quello sporco di sangue non aveva più la ghiera, che si era staccata.
I bottoni vennero restituiti con tante scuse a Cecere dopo soli cinque giorni di accertamenti e intercettazioni, e l'indagine sul delitto di Chiavari si arenò nel nulla.
Incredibile poi che il Pm Gebbia non tornò sui suoi passi e non ripercorse l'unica pista alternativa della donna indagata neppure quando si accorse che quella del commercialista era senza sbocchi.
In aula anche tre carabinieri e un poliziotto
Con Berisso oggi in aula ci sanno anche tre carabinieri che indagarono sul questo filone che portò a Cecere: due della compagnia di Sestri Levante che raccolsero la testimonianza della vicina di casa, e il maresciallo Leo della compagnia di Chiavari, un toscano molto popolare nel Tigullio ora in pensione, che fece la perquisizione e trovò quei bottoni in casa di Cecere e che per alcune ore si era convinto di avere risolto il giallo, come forse sarebbe potuto accadere pochi giorni dopo il delitto senza lo stop del pm Gebbia, che non comunicò mai il particolare dei bottoni ai poliziotti titolari delle indagini.
La svolta nel 2021 dalla criminologa
Il resto è storia recente: il particolare dei bottoni venne scoperto solo nel 2021 dalla attenta e rigorosa criminologa barese Antonella Delfino Pesce, la donna della svolta che grazie al procuratore generale di allora Francesco Cozzi, che ebbe l'intuizione e l'elasticità di affidarle tutti i fascicoli dell'inchiesta, quelli della polizia e dei carabinieri.
La scoperta dei bottoni di Delfino Pesce e le successive indagini svolte dalla pm Gabriella Dotto e dagli agenti della omicidi della squadra mobile con un lavoro certosino hanno permesso di ricostruire, a detta degli inquirenti, in modo plausibile cosa accadde all'ora del delitto, fra le 8.50 e le 9 del sei maggio del 1996 nello studio di Marco Soracco, al secondo piano del palazzo di via Marsala.
Imputati anche Soracco e la mamma
Molto più difficile a distanza di tanto tempo sarà condannare la donna imputata per il delitto e il commercialista Soracco e la mamma novantenne Marisa Bacchioni, gli altri due imputati, che per gli inquirenti l'avrebbero favorita non svelando quanto sapevano, fra l'altro l'anziana oggi potrebbe uscire dal processo perché una perizia medico legale attesta che non è in grado di difendersi.
Quella relazione dopo un anno
Ma c'è un'altra novità sconvolgente: l'altro teste che potrebbe essere ascoltato oggi se ci sarà il tempo sarà un poliziotto della Criminalpol, tale Esposito, che circa un anno dopo il delitto durante un controllo di routine dei documenti della super testimone Adriana Berisso si sentì dire dalla stessa che non riusciva a capire come mai Cecere fosse uscita dall'inchiesta sul delitto nonostante la sua dettagliata denuncia ai carabinieri di Sestri Levante.
Il poliziotto fece una relazione alla procura di Chiavari, che finì dove non avrebbe mai dovuto finire: sul tavolo di Filippo Gebbia.
Forse una copia venne inviata anche alla squadra mobile: ma i poliziotti, anch'essi poco quanto meno poco attenti, erano già stati avvertii dal pm, "non perdete tempo su Anna Lucia Cecere, è stata controllata dai carabinieri ed estranea ai fatti".
Nessuno pensò fosse necessario fare accertamenti sull'attuale indagata neppure quando poco più che un mese dopo il delitto la donna si trasferì improvvisamente, per quella che a molti apparve una fuga, portandosi appresso pure lo scooter su cui era stata vista la mattina del delitto.
Il trasloco dell'indagata a Cuneo
Cecere si annidò e si rifece una vita a Boves, nelle campagne di Cuneo, dove le venne recapita anche una serie di mobili nuovi, lei che dal punto di vista economico aveva sempre sofferto e navigato a vista.
Chi ha pagato quei mobili è un altro mistero di questo infinito giallo che ha rovinato la vita della famiglia di Nada, la mamma Silvana, la sorella Daniela, i due nipoti, gli zii, una famiglia che poteva avere giustizia a pochi mesi dal delitto e invece per errori e forse omissioni dopo trent'anni è ancora in attesa di sapere chi è l'assassino.
L'alibi di Cecere: "Ero a lavorare"
Dal canto suo Cecere si è sempre detta innocente: "Quel mattino facevo le pulizie a Santa Margherita", ha riferito presentando il contratto di lavoro di allora, come a dire, provate voi che non era così. Ma se nel '96 sarebbe stato un gioco controllare questa alibi, oggi è quasi impossibile. Il datore di allora ha già detto di non ricordare nulla.
Per gli inquirenti Cecere avrebbe ucciso Nada perchè lei, eseguendo gli ordini di Soracco e della madre, non passava più le tante telefonate che lei faceva nello studio per cercare di parlare con il commercialista.
IL COMMENTO
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