Cultura e spettacolo

Da una regista catalana un’affettuosa commedia su integrazione e comprensione tra culture diverse
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di Dario Vassallo

Al cinema, le commedie più riuscite spesso si concentrano sul banale, su quegli eventi quotidiani che nelle mani giuste possono diventare molto divertenti. Come ad esempio le relazioni insolite tra persone diverse costrette a stare insieme dalle circostanze piuttosto che da una libera scelta. Vedi ad esempio 'La strana coppia' con Jack Lemmon e Walter Matthau che è forse l'esempio più famoso e riuscito di questo assunto. Una cosa simile è quel che accade ne 'I tuttofare',  terzo lungometraggio della regista catalana Neus Ballús.

Il film racconta la vita quotidiana di Moha, Valero e Pep, lavoratori di una piccola azienda idraulica ed elettrica alla periferia di Barcellona. Per una settimana Moha, giovane e timido marocchino che studia catalano e condivide l'appartamento con due connazionali, dovrà dimostrare di essere pronto a sostituire Pep che va in pensione. Ma Valero, il capo idraulico, non gli renderà le cose semplici, riuscendo a malapena a contenere il suo disprezzo per il nuovo collega che non ritiene essere all'altezza, dubitando anche che i clienti possano accettare uno straniero nelle loro case. Un trio tanto più irresistibile quanto formato da attori non professionisti che nella vita fanno lo stesso mestiere di chi interpretano con una sceneggiatura che sembra sia stata scritta su misura per loro.

Questo sistema che ibrida la realtà con la finzione si traduce sullo schermo con grande freschezza nelle situazioni che vediamo, perfino le più folli,  dando vita a scene di umorismo quotidiano che lasciano il segno. Attraverso poi le riflessioni che Moha dispensa sui vari piani delle facciate degli edifici in cui lavora e sulle persone comuni che vivono la propria esistenza, viene sottolineata l'idea di prestare attenzione ai dettagli della vita quotidiana e alla gente comune, il che finisce per connettersi con i temi che il film mette in primo piano: integrazione nella società, empatia, comprensione tra culture diverse e accoglienza dell'immigrato. Se vogliamo non trascendentali ma affrontati con il giusto umorismo e una rappresentazione che viaggia tra assurdità e verosimiglianza.

Ma 'I tuttofare', diviso in sei parti ognuna delle quali corrisponde ad un giorno di lavoro, è anche una commedia affettuosa che mette alla berlina atteggiamenti maschilisti, pregiudizi innati e insicurezza maschile regalandoci un punto d'osservazione dolce e sanguigno allo stesso tempo. Non è proprio uno studio sulla gig economy ma c'è comunque – nell'operazione - qualcosa di simpaticamente sgangherato e terribilmente reale, a partire da un razzismo istintivo e in alcuni punti perfino irrazionale.

Certo, l'idea di Ballús che alla fine dovremmo andare tutti d'accordo, non importa quale sia il nostro punto di partenza, può non essere particolarmente originale ma il fatto che ce la mostri come uno studio sulla crescita, l'invecchiamento e l'assimilazione di una nuova cultura – tutte cose che come i tubi otturati non possono essere forzate - e con un occhio di riguardo per le piccole assurdità della vita rende il film un'esplorazione amabile e umanistica a conforto di questa tesi.