Pochi di noi hanno avuto la fortuna di avere un'amicizia così semplice e intima come quella condivisa dai tredicenni Leo e Remi in ‘Close’, secondo lungometraggio del 31enne regista belga Lucas Dhont che ha vinto il Gran premio della giuria al Festival di Cannes del maggio scorso. Legatissimi l’uno all’altro non sanno che quella che stanno trascorrendo insieme sarà l'ultima estate perfetta della loro vita, l’ultima in cui condivideranno la stessa immaginazione, amandosi senza dover pensare a cosa significhi, correndo o andando in bicicletta il più velocemente possibile per non perderne nemmeno un minuto. Entrambi in fase pre-sessuale, come una coppia di giovani cuccioli, a loro agio appoggiando la testa sulle spalle l'uno dell'altro, seduti abbastanza vicini da potersi toccare, o addirittura abbracciandosi insieme a letto come farebbero con un fratello o un genitore.
Ma quando inizia la scuola, i loro compagni di classe li prendono in giro perché troppo legati l’uno all’altro condendo questa impressione con eccessiva malizia. Leo, che sembra essere il più intensamente affettuoso dei due, sarà anche quello che spingerà via l'altro, il primo ad avere paura di quella amicizia che era la sua più grande gioia. E Remi vivrà tutto questo come una tragedia che non riuscirà a superare.
‘Close’ è un dramma di formazione lucido e coinvolgente che come già accadeva in ‘Girl’, opera prima di Dhont che sempre a Cannes nel 2018 aveva vinto la Camera d’or, mostra una visione vividamente toccante dell'identità adolescenziale sconvolta da un trauma improvviso, sondandola con una trasparente onestà che le storie di maturità raramente hanno. Teneramente - e con una grazia rara - Dhont traccia i confini invisibili attraverso i quali i giovani uomini sono condizionati a vedere tra se stessi e i loro amici maschi più stretti, il modo in cui ragazzi spaventati cercano ombre che possono scambiare per fantasmi, la maniera in cui a volte gli adolescenti si allontanano quando la tenera intimità che condividevano da bambini si indurisce in qualcosa che viene insegnato a mantenere segreto dagli adulti.
Se Dhont non rinuncia a certe scorciatoie (un abuso di musica, qualche filtro di troppo nelle immagini), il suo approccio mantiene sempre la giusta distanza, come un'ammissione di impotenza di fronte al dramma e all'impossibilità di seguirlo con un elemento narrativo di partecipazione emotiva. Contemplando sui volti la sofferenza di esseri divorati da domande insolubili, questo silenzio diventa la camera dell'eco di vere e proprie tempeste emotive. ‘Close’ è un film crudo ed empatico allo stesso tempo, emotivamente intenso, che ti spezza il cuore, ti dà un pugno nello stomaco e alla fine ti stampa un bacio da lividi sulle labbra.
IL COMMENTO
Situazione drammatica, presidente Meloni serve incontro urgente
La Liguria vuole tornare a correre, al via i cento giorni di Bucci