Cultura e spettacolo

Portava con sé tutto quello che un manager deve avere: serietà, autorevolezza, lungimiranza e credibilità
2 minuti e 59 secondi di lettura
di Dario Vassallo

“Il nostro lavoro riguarda tutti, perché 'vendiamo' emozioni”: riassumeva così, Vincenzo Spera, la sua attività di promoter di eventi che ha attraversato più di cinque decenni portandolo a diventare – dal 2011 - presidente di Assomusica, l’Associazione nazionale dei produttori e organizzatori di spettacoli di musica dal vivo, oltre che componente della Consulta dello Spettacolo del Ministero della Cultura.

Un genovese d'adozione, arrivato a 22 anni dalla provincia di Salerno, che la città aveva accettato – d'altronde non si è Genova a caso - dopo un'iniziale, cauta diffidenza. Perché incarnava tutto quello che un manager deve avere: serietà, autorevolezza, lungimiranza e credibilità. E questo fin dall'inizio, quando tutto era cominciato quasi per gioco – come racconta lui stesso nell'autobiografia 'A un metro dal palco' – affittando ventenne una nave a Salerno per una festa di studenti a diecimila lire a biglietto: “Dicevano che ero matto e che nessuno avrebbe mai speso una cifra simile per stare insieme ad altri ragazzi. Invece avevo ragione”.

Solo una settimana fa era stato tra gli ospiti della terza trasmissione che Primocanale ha dedicato alla cultura, di cui era una presenza costante e imprescindibile, testimone del tempo e sempre protagonista del settore. Lui, che ha portato in Italia tutti, e sottolineo TUTTI, i più grandi artisti del mondo - da Joe Cocker a Miles Davis a Bruce Springsteen, passando per Tina Turner, Elton John, U2, David Bowie e Bob Dylan, solo per citarne alcuni – molti di questi li ha fatti venire proprio a Genova che mai è stata al centro delle rotte più importanti della musica in Italia per le evidenti difficoltà che presenta, negli spazi e nell’organizzazione degli eventi.

Eppure c’è riuscito con la testardaggine e la caparbietà di un carattere che aveva preso il meglio della sua meridionalità. Ricordo ancora adesso lo sguardo basito di centinaia di ragazzi, molti dei quali minorenni, entrando nel Carlo Felice per il concerto del 'Boss' che mai si sarebbero aspettati una cornice del genere. Fu lui ad avere l'intuizione, che una volta tanto fortunatamente non andò sprecata, di utilizzare il tempio della musica colta per Springsteen dimostrando che c'erano steccati che andavano abbattuti, e fu il primo a spazzarli via. Non solo promoter di eventi musicali: a lui si devono l'organizzazione della giornata in cui nel 1986 venne inaugurato il nuovo 'Cristoforo Colombo' così come lo spettacolo di inaugurazione dell'Expò 92 quando Bob Dylan emozionò tutti con un concerto gratuito davanti a Porta Siberia.

Non aveva un carattere facile, Vincenzo. All'apparenza era ruvido e poco accomodante, più volte nel corso del nostro rapporto iniziato all'alba degli anni Novanta abbiamo avuto momenti di attrito poi però sempre superati con una risata o un abbraccio in virtù di una stima reciproca che lui metteva davanti a tutto e tutti e mai venuta meno. E quante serate passate insieme, un bicchiere di birra in mano, anche qui ‘scontrandoci’ per le nostre passioni, io beatlesiano di ferro, lui rollingstoniano della prima ora (era andato a vedere un concerto persino in Ohio). Data la mia deformazione musicale, c'è una canzone dei Beatles che mi è venuta in mente, e penso non solo a me, quando dopo aver appreso la tragica notizia della sua morte sono andato a scorrere il web che la riportava in decine e decine di siti, tanto era conosciuto ed apprezzato in tutta Italia: 'I read the news today, oh boy' recita l'incipit di 'A day in the life' dove si parla di un uomo che perde la vita un incidente stradale, in quel caso in macchina. Non so se avrebbe gradito la citazione ma spero proprio possa perdonarmi.

https://www.instagram.com/p/Cpx-HqXIez4/