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Cultura e spettacolo

C'è un po' di emozione e tanto orgoglio per i detenuti che stanno prendendo parte al progetto: "Questa per noi è un'esperienza bellissima che ci fa anche rilassare un po', ci fa sempre piacere quando abbiamo l'occasione di fare questi lavori"
3 minuti e 22 secondi di lettura
di Silvia Isola
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GENOVA - Una mostra aperta al pubblico all'interno di un carcere e un murales dipinto dai detenuti sul muro di cinta. Sembrava una sfida impossibile quella lanciata da Teatro Necessario, la onlus che dal 2005 opera all'interno della casa circondariale di Genova Marassi portando in scena ogni anno uno spettacolo teatrale al di fuori del carcere assieme ai detenuti, alla direttrice Tullia Ardito. Eppure, oggi si può dire che il sogno è diventato realtà: fino al 29 maggio sono in mostra alcune opere di Keith Haring, in un allestimento aperto al pubblico due volte al giorno dalle ore 9 alle 12:00 e dalle ore 17:00 alle ore 20:00, previa prenotazione online (clicca qui). E intanto, mentre i visitatori possono ammirare alcuni quadri del famosissimo street artist statunitense all'interno del Teatro dell'Arca, i detenuti sono all'opera per realizzare un murales che prende ispirazione proprio da uno dei quadri di Haring e che cresce sempre più in fretta. E due detenuti, invece, fanno da Cicerone, spiegando al pubblico il progetto, la storia dell'artista e alcune curiosità sulle opere. 

"E' stata un'idea un po' folle: siamo stati contattati da questa organizzazione ELV Culture of Innovation di Milano, che ci ha proposto una mostra nel Teatro dell'Arca proprio perché si tratta di un artista così singolare, abituato a lavorare negli spazi di periferia, nelle metropolitane e quindi il carcere sembrava il luogo più adatto per esporre le sue opere"

A raccontare il progetto a Primocanale è Mirella Cannata, presidente dell'associazione Teatro Necessario. "Sembrava già impossibile così, anche perché dovevamo avvalerci dell'aiuto della polizia penitenziaria. Ma la direzione ci ha appoggiati e volevamo che però fosse anche una bella occasione per coinvolgere i detenuti: quattro di loro, coordinati dalla sezione decorativa di dell'Accademia Ligustica di Belle Arti, stanno realizzando un murales ispirato proprio all'artista". Spiccano gli omini colorati così riconoscibili nati dalla fantasia del pittore di fama internazionale, che sognava la sua arte come "arte per tutti" e che potrebbe dirsi felice di vedere prendere vita un'opera come questa all'interno di un carcere. 

Al centro del murale il teatro al posto della tv che solitamente è uno dei soggetti ricorrenti in Keith Haring. Questo per celebrare l'Arca, dove ogni anno non soltanto avvengono le prove dello spettacolo da portare in scena ad aprile in uno dei teatri cittadini, ma anche i laboratori di scenotecnica e da qualche anno anche una stagione teatrale vera e propria, con un cartellone aperto sia al pubblico esterno, sia ai detenuti. E proprio Naim ed Erat hanno preso parte a Riccardo III nel dietro le quinte e oggi, pennelli alla mano, stanno abbellendo il muro di cinta del penitenziario.  

"Questa per noi è un'esperienza bellissima che ci fa anche rilassare un po', ci fa sempre piacere quando abbiamo l'occasione di fare questi lavori, grazie a questi corsi che abbiamo frequentato. Ed è bello vedere i ragazzi delle scuole che ci vengono a trovare"

C'è un po' di emozione e tanto orgoglio, testimoniato anche dalle magliette indossate da tutti e realizzate dai detenuti dell'alta sicurezza, un altro laboratorio del terzo settore attivo da anni che offre opportunità anche per il futuro, per il "dopo" la detenzione. E poi comunque sono esperienze che "cambiano", che lasciano un segno, ci raccontano i detenuti. Come il murales. 

"Quest'esperienza è unica a livello nazionale", tiene a sottolineare la direttrice Tullia Ardito, a poco più di un anno dal suo arrivo a Marassi. "Ci è sembrato subito un progetto che potesse lasciare un ricordo tangibile nei detenuti, ma anche per la polizia penitenziaria e per la città".

"La prima reazione dei detenuti a questo murales? Grande stupore, ma sono molto contenti di partecipare, anche perché iniziative come queste permettono di mettere in contatto i detenuti con il mondo esterno e di far sentire loro meno la solitudine durante il periodo di detenzione"

Scopo di questi laboratori è sempre quello di avvicinare nuovamente chi sta scontando una pena alla società. Anche perché la vita all'interno della casa circondariale è complessa e - nonostante sia passato un anno - per la direttrice le richieste per Roma restano le stesse: "Chiediamo risorse sia economiche sia anche in termini di personale". 

 

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