Cultura e spettacolo

L'attore genovese si confessa a Primocanale sul grande successo che sta ottenendo in palcoscenico
4 minuti e 36 secondi di lettura
di Dario Vassallo

"In realtà non mi aspettavo niente. E' chiaro, se fai una cosa vuoi che abbia successo ma già ritornare qui al Teatro Sociale di Camogli per la nona replica e avere in cantiere una tournée che l'anno prossimo ci porterà in giro per l'Italia  e persino in Svizzera, beh, era davvero difficile prevederlo". Continua insomma ad essere stupito, Tullio Solenghi, travolto - lui, Elisabetta Pozzi che lo accompagna sul palcoscenico e la loro giovane compagnia - dall'entusiasmo con cui è stato accolto in tutti questi mesi 'I maneggi per maritare una figlia', uno dei grandi cavalli di battaglia di Gilberto Govi. Poi però una spiegazione se la dà: "In fondo credo che quando si recupera con affetto e rispetto un mito della nostra storia può capitare anche questo".

Il rispetto sta anche nel fatto che hai deciso di clonarlo perché Govi non è imitabile?
"Perché Govi è una maschera, quindi il clonarlo era per me dargli l'assoluta dignità di una grande maschera del teatro, come ai suoi tempi era riconosciuto da altre grandi maschere come Macario e Totò. Diciamo una sorta di dedizione totale alla figura di questo straordinario artista dal quale tutti noi siamo partiti".

Da genovese che significato ha mettersi questa maschera?

"E' la quadratura del cerchio. Ho sempre sognato fare qualcosa che mi tenesse ancorato alla mia terra e a maggior ragione da quando sono stato costretto ad andare a vivere a Roma per il Trio. Per tornare alle proprie origini chi c'era meglio di Govi che ho sempre sognato di portare in scena fin da ragazzino?"

"Poi ho sempre coltivato il dialetto in maniera a volte quasi maniacale dagli anni in cui quasi ti costringevano a parlare in italiano perché era considerato una storpiatura della nostra lingua. Io invece l'ho sempre considerato il nostro DNA, la nostra cultura, la nostra storia. E Govi mi dà possibilità immense".

Qual è stato il momento più difficile nel rapportarsi a lui?
"Capire che tipo di impatto avrebbe potuto avere sul pubblico. C'erano due strade. Il rischio era che potessero dire: mamma mia, questo si mette a fare Govi ed è una brutta copia dell'originale. Poi c'era la variante B che per fortuna è quella che si è realizzata: Tullio ci porta per mano in questa sorta di rito collettivo. Perché - io lo  racconto sempre - ci sono battute che dico insieme al pubblico che viene proprio per sentire quello che sentirà: la celebre 'Cesarino con le braghe dell'anno passato' fa parte della loro infanzia, della loro storia e della loro cultura".


A proposito di battute, qual è quella che le piace di più?
"Quando rimprovera la moglie di andare sempre fuori e non stare mai a casa. Lui arriva, ha fame, e le dice: sei sempre in giro per comprare un rocchetto di filo. Già questo è significativo dell'epoca, ti immagini oggi uno che va in merceria e chiede un rocchetto di filo? Il minimo che può sentirsi rispondere è: scusi, ma lei da dove viene? Lui continua: per un rocchetto stai fuori quattro ore, e allora se dovessi comprarti un vestito torneresti dopo due mesi e mezzo? E' una delle tante che Govi abilmente nelle riprese televisive traduceva anche in italiano".

La maggiore soddisfazione fino a questo momento? 
Il passaparola, che è ciò che noi teatranti ci auspichiamo sempre. Certo, uno spettacolo viene presentato con l'ufficio stampa e la pubblicità ma dopo c'è anche una vita autonoma che è appunto dovuta alla gente che lo vede e lo consiglia agli amici. Qui a Camogli per esempio le repliche si sono praticamente autoprodotte. Il passaparola è una cosa magica perché non ci sono critici né infatuazioni dovute magari alla presenza sul palco di un personaggio televisivo. E' proprio l'oggettivo risultato positivo di uno spettacolo".

Perché hai scelto 'I maneggi'?

"Perché è la commedia in cui Govi è più maschera che in altre. Per me era essenziale e mi ci sono calato docilmente studiandolo in maniera perfino maniacale: i gesti, le intonazioni, i movimenti... Poi mi sono scelto una compagna prevaricante sulla scena come Elisabetta Pozzi, anche lei straordinaria, e una compagnia giovane nella quale per ogni ruolo abbiamo scelto il meglio che si potesse avere su piazza".

Tra qualche mese ci sarà una tournée. Come pensi verrà accolto Govi?
"È un altro mistero da risolvere. Come quando la prima volta mi sono chiesto: come la prenderà il pubblico di Genova? e poi quello di Camogli? e quello della Liguria? È una sfida ma il teatro è questo: basti pensare che oltre al 'Carcano' di Milano saremo due settimane al 'Quirino' di Roma, una sala che fa tremare le vene dei polsi. Ma sai che c'è? Credo che anche in questo caso torna in aiuto il grande Gilberto perché lui andava e faceva con successo tutte le piazze. E' una strada straordinaria che ha percorso più di cinquant'anni fa, speriamo che le cose non siano tanto cambiate ma
secondo me verrà soprattutto quel pubblico lì, che lo ricorda come una delle cose più belle della propria giovinezza, l'unica deroga a non andare a letto dopo Carosello".

Mi rendo conto che dopo tante interviste questa sia stata piuttosto banale nelle domande. E allora l'ultima è: c'è qualcosa che non ti hanno mai chiesto e avresti voluto che ti chiedessero?
"Non credo ci sia perché secondo me quando si affronta Govi tutte le cose che vengono in mente sono quelle che condividiamo per cui mi accontento delle domande che mi hai fatto. Però il discorso dell'esportazione extra Liguria non l'avevo mai affrontato, dunque anche quest'intervista ha qualcosa di originale, sappilo".