Cultura e spettacolo

Grande successo al Teatro Sociale per il grande trombettista in coppia con Uri Cane
3 minuti e 54 secondi di lettura
di Dario Vassallo

L'incontro tra Paolo Fresu e Uri Caine è uno degli eventi più interessanti e innovativi avvenuti nel mondo del jazz degli ultimi anni: la tromba di Fresu col suo timbro malinconico e unico e il pianoforte di Caine così denso di citazioni che vanno dalla canzone americana al blues e dall'avanguardia fino alla musica classica, costituiscono un mix prezioso ed esclusivo che sottolinea un sodalizio che va avanti da più di due decenni. I due artisti sono stati protagonisti di un concerto in un Teatro Sociale di Camogli esauritissimo davanti ad una platea entusiasta.

Fresu, come è nato questo matrimonio artistico? “Era il 2003. Invitai Uri a suonare nel mio festival in Sardegna col suo gruppo e lui mi chiese di salire sul palco per fare un brano. Suonando l'idea ci piacque al punto che poi decidemmo di fare qualche concerto. Da lì non abbiamo mai smesso, non ci siamo più lasciati. Ci lega una grande curiosità sulla musica oltre che ovviamente un ottimo rapporto umano, perché se non si sta bene assieme fare musica diventa difficile. Soprattutto credo ci unisca una grande passione e una grande curiosità verso i generi più vari. Tra noi due mettere insieme mondi diversi, compreso soprattutto quello della 'classica' che anche io come lui amo molto, è talmente facile che talvolta non decidiamo cosa suonare, così un concerto può diventare totalmente diverso da quello del giorno prima”.

Siamo a Camogli, a pochi passi da Genova, per cui è difficile non chiederle del rapporto con Fabrizio De André dal momento che nel suo disco 'Food' inciso insieme ad Omar Sosa ha inserito 'A cimma' dall'album 'Creuza de ma'. “Beh, Fabrizio ovviamente era l'artista che tutti conosciamo ma anche in qualche modo un vicino di casa, perché io sono di Berchidda e c'è solo una montagna, la Limbara, che ci separa dalla casa di De André. Da tanti anni organizzo un festival jazz in cui spesso è inserito un concerto proprio nella sua villa con la presenza di Dori Ghezzi e Cristiano in cui invitiamo a cantare artisti che vengono da mondi diversi. E' una sorta di pellegrinaggio al quale partecipano migliaia di persone che vengono lì testimoniando ancora adesso questa grande passione per Faber. Così, quando ho deciso di fare 'Food' non potevo non interpretare 'A cimma' proprio perché parla di cibo e non potevo non chiedere a Cristiano di cantarla, cosa che ha fatto in maniera mirabile”.

Passando ad un genere diverso come il 'prog', Peter Gabriel ha chiesto la sua collaborazione per un album che uscirà tra un mese. Come è nata questa amicizia? “Anche con Peter è un po' protagonista la Sardegna perché lui la frequenza spesso. Ci siamo incontrati tante volte e nel 2013, quando la mia isola fu colpita da una grande alluvione nella quale morirono molte persone, organizzai un concerto a Cagliari per raccogliere fondi con lo scopo di restaurare alcune scuole che erano state seriamente danneggiate. Nell'occasione, sapendo della passione di Peter per la Sardegna, gli chiesi di fare un video affinché potesse invitare chi lo avesse visto ad aiutarci con le loro donazioni e lo fece con una umanità e una capacità incredibile. Siamo sempre rimasti in contatto e adesso mi ha chiesto di partecipare al suo disco. Ovviamente per me è stato un grande onore perché Gabriel non è soltanto uno dei più grandi protagonisti della scena musicale contemporanea ma anche una persona molto impegnata proprio in quello che la musica oggi dovrebbe rappresentare nella nostra maniera di vedere il mondo”

La tromba è sempre stata usata durante le guerre. In un momento difficile come questo, il suo strumento e la musica in generale che senso possono avere? “E' vero, la si usava per incitare nelle battaglie, dunque la si suonava forte. Io però lo trovo uno strumento molto delicato, con un suono intimo e penso che il miglior modo per denunciare oggi quello che stiamo vedendo, indipendentemente dalle posizioni politiche e sociali, sia quello di farlo dentro di noi, ognuno dovrebbe trovare dentro di sé una voce da portare poi verso l'esterno. Però deve essere una voce interiore in qualche modo sussurrata e mai gridata, perché gridare significa inevitabilmente edificare conflitti che alcune volte portano molto lontano e mai in una buona direzione. Da questo punto vista la musica ha un ruolo importantissimo perché è emozione, quando si suona e quando le persone la percepiscono insieme respirano all'unisono. Probabilmente respirassimo di più all'unisono tutti indistintamente non assisteremo agli orrori e ai conflitti che stiamo vivendo. Quindi credo che soprattutto in questo momento storico può avere un ruolo molto importante, certo non può cambiare la realtà ma sicuramente aiutare affinché questo nostro mondo possa andare in una direzione alta al posto di quella che in questo momento non ci piace per nulla”.