Cultura e spettacolo

La storia vera dell’ascesa e della caduta di due fra i tele evangelisti più famosi della storia americana
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di Dario Vassallo

In Italia la loro vicenda non la conosce quasi nessuno ma Tammy Faye e il marito Jim Bakker sono stati due tra i tele evangelisti americani più famosi della storia, ideatori di una rete televisiva cristiana che negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso attirò 20 milioni di spettatori al giorno in tutto il mondo, leader di un impero che ha continuato a creare hotel, ristoranti e persino un parco divertimenti a tema religioso. Da questo punto di vista ‘Gli occhi di Tammy Faye’, interpretato da Jessica Chastain e Andrew Garfield e adattamento di un documentario di una ventina d’anni fa, ha il merito se non altro di aver squarciato anche da noi il velo che li circondava.

A ciò va aggiunto il fatto che nel loro programma i due, entrambi di modeste origini, lei famosa anche per le straordinaria ciglia finte che metteva, erano soliti trattare temi alquanto pruriginosi, di forte impatto mediatico e per quel tempo decisamente trasgressivi come sesso, omosessualità e AIDS. Ma dal momento che tutto ha una fine, nel 1987 a seguito di uno scandalo sessuale che coinvolse Jim, la coppia si incrinò e a questo si aggiunsero irregolarità finanziarie, imbrogli e complotti che segnarono la fine del matrimonio demolendo completamente anche il loro impero, tanto che Jim Bakker nel 1989 venne condannato a 45 anni di carcere per 24 accuse di frode e cospirazione.

Il biopic, in genere, è qualcosa da maneggiare con cura perché il rischio dell’agiografia da un lato o di non scavare troppo all’interno dei personaggi dall’altro è sempre dietro l’angolo. ‘Gli occhi di Tammy Faye’ aggira il problema affidandosi completamente alla bravura e al carisma della protagonista. Il regista Michael Showalter che pure ha diretto film interessanti come ‘The big sick’ qui sembra non volersi assumere responsabilità: non approfondisce i problemi della coppia, le questioni più oscure e il vero fango preferendo non offendere nessuno e rimanere in una ‘comfort zone’ molto sicura e tranquillizzante.

Così questa storia di ambizione e potere ma anche di fede e ingegno finisce per pesare tutta sulle spalle di Jessica Chastain che da parte sua la regge alla grande (meritatissima la nomination all’Oscar appena arrivata) anche perché Showalter non lascia mai la prospettiva di Tammy. La sua immersione nel ruolo è talmente riuscita da entrare in empatia con il personaggio, finendo per giustificarne anche gli errori e rendendola in definitiva una persona nobile in un mondo che non lo era. Con il suo candore e la convinzione che quello che stava facendo era giusto Chastain finisce per redimerla al di là della fine così rovinosa.

Resta però l’amaro in bocca per una vicenda che aveva in sé un potenziale esplosivo col suo mostrare la religione più come opportunità che come fede e che è diventata una semplice parabola di ascesa e caduta senza voler affrontare la complessità dei personaggi e dell’ambiente che li circondava. Evidentemente nessuno era davvero disposto a scavare in ciò che questa storia vera di dottrina, accettazione e resilienza porta con sé, tutti troppo occupati a truccarsi e/o indossare costumi sgargianti.