Cinque anni fa, il francese di origine maliana Ladj Ly fece molto scalpore con il suo film d'esordio, ‘I miserabili’, dove mescolando l'energia del thriller e la morale di un dramma politico raccontava le tensioni tra gruppi impotenti di emarginati e un'unità anticrimine francese. Il mondo in cui il regista si tuffa adesso ne ‘Gli indesiderabili’ non è esplicitamente correlato a quello al centro del film precedente ma in qualche modo ne condivide la linea tematica riflettendo la tesi secondo cui la resilienza di una comunità non è tanto un segno della sua forza quanto piuttosto la prova del fallimento dello Stato.
Qui, in un fittizio sobborgo parigino, il sindaco muore improvvisamente e un medico molto ammirato accetta di sostituirlo ad interim nonostante la moglie lo avverta che avrà a che fare con zone e abitanti di cui sa poco. Lui va avanti per la sua strada trasformandosi immediatamente in un vendicatore della destra senza alcuna simpatia per gli oppressi rivolgendo rapidamente la sua attenzione al quartiere più povero della città composto principalmente da famiglie di immigrati, determinato a espellerne i residenti. La sua più grande spina nel fianco si rivelerà una giovane assistente sociale che di notte lavora come presidente di un'associazione che trova alloggi per gli immigrati. Indignata per l’insensibilità delle azioni del neo-sindaco, decide di candidarsi contro di lui alle imminenti elezioni.
Ladj Ly segue le orme del cinema sociale di Ken Loach e sviluppa tesi che si scontrano direttamente con i discorsi xenofobi e anti-immigrazione che infiammano le tribune di molti parlamenti europei. Con una formula così espressiva, incoraggia gli spettatori a mostrare la dovuta empatia verso coloro che devono sopravvivere nei ghetti allestiti nelle grandi città per i più disagiati, rompendo i parametri del cosiddetto villaggio globale. Attraverso queste coordinate ‘Gli indesiderabili’ impiega una tecnica da docudrama che funziona quando trasmette il suo potente messaggio sociale anche se non è sempre sottile nell'esprimere il proprio punto di vista dal momento che i politici sono descritti come ‘cattivi’ in maniera piuttosto unidimensionale anche se è un dramma schietto e spietato nel descrivere come le politiche razziste mettano in pericolo i più vulnerabili, almeno fino a quando i meno fortunati non si ribellano e agiscono.
Per portare avanti le sue tesi Ly non si fa scrupolo di agire con mano pesante lasciando che il dolore ceda il passo alla rabbia e così come accadeva ne ‘I miserabili’ si dirige verso un finale surriscaldato in cui la polveriera che si è accumulata durante il film alla fine esplode. Ma anche quando il regista esagera per illustrare la profondità della furia di questi immigrati, si rifiuta intelligentemente di offrire un'omelia semplicistica in risposta al tumulto emotivo che ha creato. ‘Gli indesiderabili’ capisce che le questioni inquietanti di razza e classe sono radicate nella società, forse insolubili, tanto che non propone soluzioni ovvie. Ma questo non gli impedisce di mostrarci il fuoco che arde sotto la cenere.
IL COMMENTO
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