Nina fa parte di una comunità rom. Sposata con un marito malavitoso e violento conosciuto come ‘il duce’ e madre a 16 anni, non cerca altro che di scappare via da una vita che vorrebbe fosse diversa e ha capito che per essere libera deve studiare. Frank, bohémien con i capelli decolorati, gli occhiali scuri e il cappotto di lana, tende ad essere invisibile, frequenta qualsiasi corso universitario solo per imparare più cose possibili, per campare vende compiti fuori dalle scuole e aspetta di avere diciott’anni per prendere il treno e andarsene via. Vengono presentati da un amico comune, Carlo, che è il narratore del loro bizzarro e controverso rapporto: più studiano insieme, più si conosceranno diventando quasi una famiglia. Solo che ‘La storia del Frank e della Nina’ Carlo la deve scrivere sui muri perché lui non parla tanto che è soprannominato Gollum perché riesce ad esprimersi solo attraverso suoni gutturali: è il custode di quelle parole che non gli escono dalla gola e che compone sui palazzi, come se la città fosse un grande amplificatore.
Dopo la serie Netflix ‘Zero’, storia di ragazzi tra fantasy e dramma ambientata nella periferia di Milano, Paola Randi torna a girare nella sua città natale con un film di formazione sorprendentemente gradevole e qua e là comico che ha molto da dire nonostante un personaggio principale che non parla ma pensa molto travolgendo lo spettatore col flusso dei suoi pensieri. Tra furti di cavi in rame, corse attraverso paesaggi industriali in decadenza e tentativi di ottenere il diploma di scuola media, Frank Nina e Gollum formano un legame-rifugio che riflette il desiderio post-adolescenziale di crescita emotiva e la ricerca di un'identità definitiva in un ambiente socialmente svantaggiato.
Poi ‘La Storia del Frank e della Nina’ è anche un film sul potere delle parole. Perché che siano tue o di qualcun altro, hanno la capacità di inscrivere un enorme significato nel mondo che ci circonda. Gollum non ne ha mentre Frank ne ha troppe ma è proprio il motivo per cui la coppia trova un equilibrio che si traduce in un'amicizia fuori dal comune. E se l'introduzione di Nina sposta un po' la dinamica, la vicenda non scade mai nel melodramma come potrebbe essere tentata di fare trasformandosi piuttosto in una tenera storia d'amore che raggiunge un buon equilibrio quando affronta i suoi argomenti più sensibili e seri: violenza domestica, espressione di sé e dinamiche familiari complicate, solo per citarne alcuni.
Più che una narrazione, il film di Randi è la costruzione di un sentimento empatico che esplora la sovrapposizione di tre corpi e la loro confusa e vitale sete di amore e prospettive. Tre quasi adulti alla ricerca del loro posto nel mondo, della libertà, dell’affermazione della propria unicità, di un proprio modo di vivere la realtà e i legami, fossero anche quelli di un amore anarchico. ‘La Storia del Frank e della Nina’ è dolce e stravagante sottolineando l'idea che solo perché qualcuno è giovane non è che quello che ha da dire sia meno prezioso. È un film che incoraggia lo spettatore a trovare la propria voce e a farla funzionare per sé, anche attraverso una bomboletta di vernice spray e una pagina di poesia sbriciolata.
IL COMMENTO
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