Cultura e spettacolo

E' il terzo film del regista Pablo Larrain su donne molto famose dopo Jacqueline Kennedy e Lady Diana
3 minuti e 20 secondi di lettura
di Dario Vassallo

Non è necessario conoscere l’opera lirica per amare Maria Callas. Era audace ma vulnerabile, una vita sconvolta dal dramma. La voce rifletteva tutti i colori del paradiso e la sua bellezza era a metà tra il mitico e il malizioso: i lineamenti spaiati, il naso autoritario e gli occhi a mandorla si fondevano in una sorta di perfezione classica quasi casuale. Non c'è da stupirsi che il regista Pablo Larrain abbia voluto aggiungerla alla sua galleria di grandi donne tormentate dopo Jacqueline Kennedy e Lady Diana. In ‘MariaAngelina Jolie interpreta la grande diva nell’ultima settimana di vita, nella Parigi del 1977 dove come un fantasma gotico scivola nel suo appartamento dorato e ricco di broccati in vestaglie da favola, contornata dai fedeli Ferruccio e Bruna, maggiordomo tuttofare e governante (interpretati da Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher) di cui è adorabile e tormentata tiranna senza mangiare niente ma prendendo in abbondanza un sedativo noto come Mandrax, in lutto per la precoce perdita della voce. Ha smesso infatti di esibirsi e cantare, anche se meditadi tornare in scena.

La sua vita come un vaso di Pandora 

‘Maria’ nella trilogia di personaggi noti è il primo film di Larraín su una donna che è diventata famosa per conto proprio invece che attraverso una relazione con un uomo. Eppure è il meno disposto a separare l'angoscia del suo soggetto dalla fine di una relazione romantica, quella celeberrima con Aristotele Onassis eliminando ogni parvenza di sottigliezza per sottolineare ripetutamente come il magnate greco abbia definito la vita e la carriera della donna dal momento in cui i due decisero di lasciare i loro coniugi per legittimare una relazione altamente controversa. Poi, come in ‘Jackie’, Larraín trova nel giornalismo un modo per strutturare il racconto in prima persona, con una lunga intervista della diva concessa ad un reporter televisivo (guarda caso, si chiama anche lui Mandrax) che cerca di scoperchiare il vaso di Pandora di una vita che l'ha portata dai bassifondi dell'Atene occupata dai nazisti ai più grandi teatri del mondo.

Angelina Jolie, Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher nel film Maria

Una donna tormentata da molteplici insicurezze 

Tuttavia, se c’è tutta una mitologia creata intorno a dolori fortemente emotivi causa principale delle morti solitarie e tragiche di donne di grande talento come la Callas (da Judy Garland ad Amy Winehouse passando per Edith Piaf) Larrain fa ben poco per dissipare questo mito. Il film è un atto di lugubre adorazione per una diva che sembra quasi troppo maliziosa, troppo ammantata di affettazione per essere letta come un essere umano vulnerabile, anche se il suo corpo si sta spegnendo ed è tormentata da molteplici insicurezze. Maria è costruito con grande rispetto, quasi con adulazione ma con ben poco che possa essere considerato un sentimento reale. Ciò non significa che il regista non provi empatia, solo non riesce a tradurre questo sentimento in nient'altro che non sia un kitsch di buon gusto e maniera. Diciamo un gioiello scintillante in una teca di vetro, che ti invita a guardare ma non a toccare.

Per Angelina Jolie sei mesi di rigoroso allenamento vocale

Detto questo, Angelina Jolie è encomiabile nell’aver affrontato per la parte più di sei mesi di rigoroso allenamento vocale, lavorando anche sulla respirazione e la postura insieme a dettagli specifici come l'accento diventando una compagna quasi magica per la vera diva: dolorosamente magra ma comunque bella, altezzosamente patrizia, capricciosamente gentile o egoista, in punta di piedi pericolosamente vicina alla follia. Ha imparato a cantare per il ruolo e la voce che sentiamo è un mix di Callas e Jolie e si possono addirittura vedere il petto sollevarsi e le vene gonfiarsi mentre è consumata, corpo e anima, dallo sforzo fisico ed emotivo del canto ma la sceneggiatura le impedisce di catturare il suo imperioso carisma. Maria Callas, che aveva solo 53 anni quando morì, era – come dicono gli inglesi – 'larger than life', fuori dall’ordinario. Questo film lucida la sua leggenda ma spegne la sua scintilla.

 

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