Cultura e spettacolo

L'opera prima di Christy Hall è ambientata tutta in un taxi
3 minuti e 43 secondi di lettura
di Dario Vassallo

Non solo tutto in una notte ma tutto in un taxi: è la scommessa che si gioca Christy Hall, drammaturga e sceneggiatrice che per il suo primo film ha trasposto sullo schermo una propria commedia. ‘Una notte a New York’ si svolge infatti interamente all'interno dei confini di un taxi giallo che si dirige dall'aeroporto JFK verso Manhattan. Un percorso che senza traffico durerebbe una cinquantina di minuti ma in questo caso molto più lungo per un grave incidente avvenuto lungo la strada. Il viaggio potrebbe svolgersi completamente in silenzio ma qui il tassista e la passeggera iniziano a parlare.

Un processo di rivelazione reciproca

Lei, di cui non conosceremo mai il nome, è chiaramente turbata. Da cosa, non lo sappiamo anche se evidentemente ha a che fare con la persona con cui si scambia continui messaggi. Lui, Clark, sembra rendersene conto. Scherza e cerca di essere allegro, sfacciato e un po' invadente, facendo domande che la maggior parte di noi non considererebbe di fare ad uno sconosciuto. La ragazza risponde restituendogli giocosamente la sua sfacciataggine. Poi, quando i tempi si allungano abbassano la guardia e iniziano un processo di rivelazione reciproca alzando addirittura la posta in gioco con nuove rivelazioni e nuovi aneddoti personali. Perché la stranezza di un incontro con uno sconosciuto consente il tipo di nuda onestà che è spesso difficile mettere in scena con coloro che ci conoscono meglio.

Due mondi diversi

Sono due mondi diversi: lui burbero e irritante; lei, ferita e distante. Tornata da un viaggio in Oklahoma fa emergere il retroscena di un padre lontano, dolorose rivelazioni su una madre assente e una storia di abusi. Il tassista che ascolta con la saggezza non giudicante di un uomo che probabilmente ha sentito di tutto durante molti altri lunghi viaggi in macchina, rivela un po' della sua solitudine e delle sue frustrazioni, esperto spaccone che però sente il dolore della vera vulnerabilità. Più si va avanti più le loro discussioni oscillano su amore e famiglia, impegno e genitorialità, desiderio e rimpianto finendo per ascoltarsi e in qualche modo a vedersi a vicenda al di là di quanto non possano fare fisicamente attraverso lo specchietto retrovisore della vettura.

Un'immagine del film

Argomenti che nascondiamo agli altri e a noi stessi

Il concetto di estranei che condividono segreti non è una novità al cinema ma qui funziona anche grazie alla chimica che si crea fra i due interpreti, Dakota Johnson e Sean Penn. Sono una coppia un po' strana, di generazioni e intensità diverse ma insieme molto bravi. Certo è un’opera teatrale su quattro ruote con tutte le tipiche convenzioni del palcoscenico intatte, a partire da un linguaggio accentuato, e tuttavia non è claustrofobico come potrebbe apparire. E se pure ha il sentore di un esercizio stilistico, l'aspetto autosufficiente, e cioè conoscere questi personaggi solo attraverso ciò che si raccontano e come si raccontano le cose, risulta intrigante affrontando con candore e intuizione argomenti che spesso nascondiamo agli altri e persino a noi stessi.

Uno spazio dove il tempo resta sospeso

È come se il taxi giallo stesse sfrecciando attraverso un universo alternativo dove tutte le carte sono sul tavolo e tutto è in palio. Nessuno è in uno stato fisso e nessuno si tira indietro. Ci sono aperture per connessioni attraverso tutti i tipi di gap: gap generazionale, gap uomo-donna, gap di sensibilità. Il taxi diventa così un non-luogo, uno spazio senza giudizio dove il tempo resta sospeso anche quando le cose si fanno intense o c'è un disaccordo.

Il messaggio riguarda connessione ed empatia

La direzione in cui va la storia non è rivoluzionaria e la fonte dei problemi della ragazza ha alimentato molti altri drammi sullo schermo ma resta tuttavia un duetto che mette sul piatto un messaggio non banale che riguarda connessione ed empatia. Poi il film, come i migliori nel passato ambientati in un’auto (vedi ‘Locke’ di Steven Knight o ‘Tassisti di notte’ di Jim Jarmush), prende l'intimità forzata dello spazio e la usa per creare una liaison consensuale e non sessuale - spiritosa, seria, onesta e gentile - tra i due protagonisti, sconosciuti che finiscono per aprirsi l'un l'altro con naturalezza e spontaneità. E in questo gioco quasi surreale di intimi scambi verbali emerge la convinzione che agli esseri umani, almeno nella maggior parte dei casi, non dispiace parlare della propria vita, se non altro per non sentirsi soli al mondo. 

Iscriviti al canale di Primocanale su WhatsApp e al canale di Primocanale su Facebook e resta aggiornato sulle notizie da Genova e dalla Liguria

 

 

 

ARTICOLI CORRELATI

Domenica 15 Dicembre 2024

Il film della settimana: 'Grand tour', tra avventura e un amore impossibile

Al Festival di Cannes ha vinto il premio per la migliore regia
Domenica 08 Dicembre 2024

Il film della settimana: 'La stanza accanto', Leone d'Oro alla Mostra di Venezia

Per la prima volta nella sua carriera Almodovar gira una storia in lingua inglese
Domenica 01 Dicembre 2024

Il film della settimana: 'Giurato numero 2', dilemmi morali e sensi di colpa

Sia che interpreti un fuorilegge come nella trilogia del dollaro di Sergio Leone, un tutore della legge senza scrupoli (vedi la serie dell’ispettore Callaghan) o che utilizzi la macchina da presa per raccontare la cronaca di uno dei più potenti sceriffi che gli Stati Uniti abbiano mai avuto, l’ex-di