Politica

Intervista a tutto campo del sindaco di Genova
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di Matteo Cantile

Il Sindaco di Genova, Marco Bucci, ci accoglie nell’ufficio di rappresentanza di Palazzo Tursi per l’intervista di fine 2022.

Signor Sindaco. è stato un anno ricco di fatti, caratterizzato anche dal ricorso sulla sua presunta ineleggibilità che l’ha tenuta un po’ sulle spine: come ha vissuto il 2022?

“E’ stato un anno specifico, diverso dagli altri: c’è stata la mia rielezione, che mi ha fatto molto piacere specialmente perché è avvenuta al primo turno. Poi il 2022 è stato l’anno dei grandi finanziamenti, dei lavori iniziati e in qualche caso già  conclusi; negli ultimi dodici mesi abbiamo fatto registrare grandi numeri di turisti in città, abbiamo accresciuto la quantità di posti di lavoro, al punto che non riusciamo a coprirli tutti. E poi c’è stata la questione della mia presunta ineleggibilità: questo argomento è stato ben affrontato dai giudici, con una sentenza che considero molto positiva. Ora spero che non ci sia ricorso ma aggiungo che i cittadini hanno tutto il diritto di ricorrere se lo ritengono giusto, staremo  vedere”

Lei da l’impressione di essere un uomo tutto d’un pezzo, che non si scompone mai: eppure mi pare che l’esito positivo di questa vicenda giudiziaria l’abbia molto rincuorata.

“Mi ha fatto certamente molto piacere ma voglio aggiungere che comunque non mi sono mai fermato un secondo dal mio lavoro. Un Sindaco deve sempre avere il massimo della fiducia e delle forze, ecco perché dico che se la salute non mi assistesse sarei il primo a lasciare”.

Perché lo dice così spesso?

“Perché è giusto rimarcare che il sindaco deve avere il 120% delle proprie energie e del suo tempo ed essere sufficientemente forte per prendere le decisioni”.

Non farà mica come il Papa, che ha firmato le dimissioni in bianco.

“Non mi paragono certo al Santo Padre ma bisogna sempre essere onesti con se stessi e con i cittadini che hanno diritto ad avere un sindaco nel pieno delle sue forze. Se dunque ci fosse un problema andrebbe affrontato, ora comunque questo problema non c’è”.

Che Genova lascerà ai suoi e ai nostri nipoti?

“Il cambiamento principale che ho registrato negli ultimi  5 anni e mezzo è il modo di pensare dei cittadini: oggi  tutti credono che sia possibile fare un grosso cambiamento e che questo dipende da noi, dalle nostre scelte e dai nostri comportamenti. Quando nel 2016 sono arrivato dall’America vedevo una città rassegnata, ora non lo è più.  Adesso bisogna apportare i cambiamenti fisici: la diga e il terzo valico sono entrambe infrastrutture molto importanti per la Genova che vogliamo, poi c’è la trasformazione del trasporto pubblico. Sarà elettrico e gratuito, una trasformazione fondamentale per dare equilibrio alla città. Noi non stiamo pensando alla Genova dei prossimi tre anni ma quella dei futuri trenta”.

E la macchina che ha intorno crede a questi cambiamenti? Per esempio sul tunnel subportuale noi nutriamo dubbi legittimi, visto che è stato già proposto tre volte nel passato senza successo. Molti però obiettano che in passato non ci fosse lei: la sua squadra crede all’effetto Bucci?

“Non attribuirei grande importanza all’effetto di un singolo. Le persone sono importanti ma è più importante il sistema che esse creano: gli americani dicono, e consentitemi di fare gli scongiuri, che i cimiteri sono pieni di persone indispensabili. Dico anzi che risultare indispensabile è sempre un problema, perché quando la persona chiave viene a mancare crolla tutto il progetto. Per questo noi oggi abbiamo creato un sistema che certamente va perfezionato ma che è utile per cambiare la città: servono le persone, le infrastrutture ma anche i regolamenti.  Per questo la mia lotta contro la burocrazia continua: sono stati fatti dei passi avanti ma la sfida è più difficile di quanto pensassi quando sono arrivato.  Per quanto riguarda il fatto che in passato certe opere non sia stato possibile realizzarle, sarebbe assurdo considerarlo un limite: se le persone ragionassero così, se i fallimenti del passato ci impedissero di sperare nel futuro, per esempio nello sport nessuno avrebbe mai battuto un record”.

Il suo piglio le procura critiche. E’ vero che il  ‘Sindaco del fare’ è quello che non ascolta, che decide da solo, che tratta gli assessori come membri di un Consiglio di amministrazione?

“Le prime due accuse non sono vere, la terza probabilmente lo è. Definiamole: non è vero che io non ascolti, il mio ufficio è pieno di persone che vengono a parlare con me; ma dopo l’ascolto c’è la decisione, che non sempre è quella attesa da chi propone. Se uno ha un’idea diversa dalla mia può convincermi, spesso vengo convinto e cambio posizione, altre volte non vengo convinto e resto della mia idea. E quando si deve passare alla fase decisionale bisogna essere duri, altrimenti non si fa mai niente e non decidere è sempre un disastro. Sul trattare gli assessori come membri di un Cda, invece, è probabilmente vero: forse scandalizzo qualcuno ma secondo me non c’è nessuna differenza tra il settore pubblico e quello privato. In tutti casi si tratta di gruppi di persone che sono chiamate a prendere decisioni”.

Lei non crede, talvolta, di puntare troppo in alto? Facciamo l’esempio dei depositi chimici: lei ha promesso di spostarli da Multedo, come farà a superare le resistenze del territorio e i tanti pareri vincolanti che ancora mancano?

“La domanda è semplice: cosa devo fare per la città, come la vogliamo in futuro? Nel caso specifico: i depositi non possono stare a cinque metri dalle case e vanno spostati ma non si possono eliminare perché vogliamo preservare i posti di lavoro. La decisione è dunque presa. Poi bisogna stabilire dove devono essere ricollocati: devono arrivarci le navi, dunque non possono che essere in porto. A questo punto si può discutere se un molo sia migliore di un altro ma è una questione tecnica e non politica. Ciò che noi garantiamo è il rispetto della legge sulla movimentazione delle merci pericolose e nessun impatto sulla vita e sulla salute dei cittadini. Questo è un tema così semplice che spinge i detrattori a intrufolarsi per ostacolare le decisioni”.

Parliamo del suo progetto di trasporto pubblico gratuito. Il presidente di Amt Beltrami si è dimesso e spiegherà le sue ragioni: ma non sarà che la gratuità, anche quella parziale attualmente concessa, mette in pericolo i bilanci dell’azienda?

“Direi che è non è così: l’attuale gratuità costa meno di 2 milioni di Euro ed è perfettamente compatibile con i bilanci del 2021 e del 2022, che infatti chiuderemo in pareggio. Diverso il discorso che abbiamo impostato per il futuro, cioè estendere la gratuità, che sarebbe più corretto definire pseudo gratuità perché il pagamento avverrà comunque ma in altre forme, a tutto il trasporto pubblico locale. Per questo attiveremo un sistema digitale che regolerà gli accessi dei veicoli in città e che finanzieremo con 100 milioni che arrivano dall’indennizzo di Autostrade: per garantire la completa libertà di utilizzo dei mezzi pubblici abbiamo bisogno di un po’ meno di 70 milioni di Euro e raggiungeremo il nostro scopo pezzo dopo pezzo, tratta dopo tratta, a partire dalla fine del 2024, e contiamo di abolire completamente biglietti e abbonamenti entro la fine del mio mandato”.

Sulla raccolta differenziata state adottando il pugno duro, multe a chi non collabora.

“Alla fine dell’anno arriveremo a circa il 43% di differenziata sul totale: è un buon risultato ma inferiore a ciò che serve. Dobbiamo sempre ricordarci che la differenziata la facciamo noi, attraverso l’Amiu, e i cittadini con i loro comportamenti. Anche l’Abate del Popolo Franco Bampi, nei suoi ‘mugugni’ nel giorno del Confeugo, lo ha ricordato. Tutti devono collaborare per ottenere il miglior risultato possibile”.

A lei la politica non piace, vero?

“Che cos’è fare politica? Fare il bene per la propria comunità? Allora sono un buon politico. Se per politica, invece, si intende fare il bene di una parte allora non lo sono. Io ho ottimi rapporti con i politici che sostengono la mia Giunta ma è chiaro a tutti che l’obiettivo è solo il risultato, non accontentare un partito o un altro: anche nella scelta degli assessori abbiamo sempre pensato alle caratteristiche delle persone più che alle loro appartenenze”.

Parliamo di sport. Non la preoccupa la crisi della Sampdoria che da sportiva potrebbe diventare sociale? I tifosi sono già scesi in piazza una volta e potrebbero farlo ancora.

“L’amministrazione comunale favorisce lo sport e lo fa anche con il calcio soprattutto con lo stadio Luigi Ferraris. Supporta quindi anche le squadre, sebbene sia nostra abitudine restare sempre neutrali. Il che non vuol dire che se c’è una crisi non si debba intervenire e in caso di necessità siamo pronti. Il nostro aiuto se sarà richiesto non sarà certamente negato, poi nelle trattative per la compravendita non possiamo entrare anche per questioni legali ma per il resto non ci tireremo indietro”.

Ocean Race che cos’è? Un evento sportivo o qualcosa di più?

“Io sono un appassionato quindi riconosco il mio conflitto di interessi, però Ocean Race è almeno tre cose: è un grande evento sportivo, l’Everest della vela, come i Mondiali lo sono per il calcio; una grade occasione per la città, con una visibilità su una platea di 1,2 miliardi di persone. E poi c’è il tema della ecosostenibilità: a Genova realizzeremo un decalogo per la protezione degli oceani che presenteremo all’Onu e di cui siamo molto orgogliosi.

Perché si è tenuto la delega alla cultura?

“Perché è stato difficile trovare la persona giusta ma siamo in dirittura di arrivo: ormai è questione di mesi, direi che ci sono buone probabilità di farcela entro la primavera. E’ vero che Genova è una città con tante personalità valide ma è anche necessario trovare chi voglia impegnarsi in questo ruolo”.

Genova è ancora lontana dall’essere considerata una vera città d’arte.

“E’ vero, ma ci stiamo lavorando con il marketing territoriale. E comunque già quest’anno abbiamo fatto cose egregie: la mostra Superbarocco alle Scuderie del Quirinale è stato un grande successo, per Rubens l’interesse della stampa è senza precedenti. E’ chiaro che serve uno scatto per entrare nella percezione collettiva ci chi vive in California, in Brasile o nelle Filippine: l’Italia per ora è soprattutto Roma, Firenze e un po’ Venezia. Serve far comprendere a tutti che Genova non ha niente di meno e in molti casi ha di più”.

Per chiudere: cosa chiede ai genovesi per il 2023?

“Voglio ringraziarli per quello che siamo riusciti a fare in questi anni e chiedo loro di essere comprensivi: avremo tanti cantieri nei prossimi tre o quattro anni che provocheranno numerosi disagi: queste opere, però, porteranno Genova nel futuro e la renderanno una grande città internazionale”.