Politica

Il candidato del centrosinistra rincara la dose: "Abbiamo fatto una coalizione più ampia di quella che ha vinto in Sardegna, la più ampia di quelle presentate alle elezioni nel centrosinistra"
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GENOVA - Se non è l'Orlando furioso, poco ci manca, quello che sta attraversando la tempesta sotto il cielo della Liguria, in vista delle Regionali del 27 e 28 ottobre. Il candidato del centrosinistra Andrea Orlando, che ancor prima di lanciare la propria candidatura aveva predicato unità, ha dovuto fare i conti con Conte - e non è un gioco di parole - ma è la spaccatura nazionale che si è riversata sulle questioni locali. La frizione creatasi a Roma, a partire dalle nomine Rai, tra i leader del Mov5s Conte e del Pd Schlein, ha avuto ripercussioni anche in regione. Ad aver aizzato le tensioni, la presenza sottoforma di nomi e cognomi, di alcuni esponenti di Italia Viva (senza simbolo di partito ndr) nelle liste riformiste. Il "diktat di Conte", come definito da Raffaella Paita, ha portato i dem a dover scegliere tra il Movimento e Renzi. In questo quadro da L'Urlo di Munch, la coalizione ligure non ha comunque perso la parte moderata, come sottolineato dagli stessi esponenti riformisti, grazie alla presenza di Azione e di altre forze unite sotto il 'Patto civico Riformista'. Ma certo, chi mastica politica lo sa, l'immagine del campo largo "spaccato" ha lambito i contorni di una campagna elettorale flash, concentrata in poche settimane.

Andrea Orlando arrabbiato, demoralizzato? Alla domanda postagli durante Terrazza Incontra di lunedì scorso, l'ex ministro ha risposto, cercando di smorzare i toni. "Arrabbiato un po' sì, perché avevamo fatto un lavoro che è andato in fumo, sinceramente demoralizzato no - commenta Andrea Orlando -. Da questo punto di vista credo si sia fatto un lavoro importantissimo, abbiamo fatto una coalizione più ampia di quella che ha vinto in Sardegna, la più ampia di quelle presentate alle elezioni nel centrosinistra". Numeri, idee chiare e precise, senza nascondere le difficoltà - evidenti - nella capitale. "Facciamo i conti con una fase non semplice per quanto riguarda i rapporti nel centrosinistra a livello nazionale, in queste condizioni abbiamo realizzato un grado molto avanzato di unità tra le forze che vogliono costruire alternativa in Liguria".

Dal centrodestra l'accusa, dopo l'uscita di Italia Viva, di un candidato di "sinistra sinistra". "Non esiste più il centro", aveva tuonato il sindaco di Genova, che sta provando a corteggiare i renziani. Considerazione che Orlando rimanda al mittente, ovvero al suo competitor Marco Bucci. "Questa cosa l'ha detta anche Rixi dal palco con il generale Vannacci, ovvero sostiene che io non mi occupi abbastanza dei moderati, ma forse abbiamo idee diverse di ciò che è la moderazione" la risposta di Andrea Orlando. Arriva poi l'affondo e il messaggio al moderatismo ligure, oltre che ai suoi alleati più intransigenti. "Io mi considero un moderato che si fa carico dei temi dell'impresa e penso di essere uno che nei quattro anni alla guida del dicastero della Giustizia ha dato garanzia a tutto il paese, non solo alla mia parte politica".

A buon intenditor, poche parole, ma nette e precise, da parte di Andrea Orlando. "Io voglio unire la Liguria e non dividerla, i moderati sono persone di buon senso perché capiscono che in questo momento è importante cambiare, perché se non si cambia siamo su un piano inclinato che rischia di portare la Liguria in un vicolo cieco - aggiunge il candidato del centrosinistra -. Ce lo dicono i numeri ma anche l'esito di una vicenda giudiziaria che lascio fuori, ma questa discussione produce un fatto: se non troviamo un'exit strategy da questa situazione, la paralisi delle opere si determinerà a causa del cortocircuito amministrativo. Una pubblica amministrazione che è scottata da una vicenda come questa non firma neanche più le autorizzazioni ai passi carrabili. Ci vuole un elemento di garanzia per una fase come questa e io credo di esserlo, più di chi faceva parte di un sistema che è andato in frantumi".

Insomma, Orlando non rinnega le proprie origini di "sinistra", ma ricorda il proprio percorso politico, soprattutto con i ruoli rivestiti negli esecutivi passati. "Io sono una persona di sinistra ma sono stato nel governo Renzi e in quello Draghi (che non sono proprio degli estremisti di sinistra) e so convivere anche con le forze di ispirazione più moderata". Un messaggio a caratteri cubitale ai suoi competitor, a chi lo accusa di essere schiacciato su posizioni massimaliste, ma soprattutto agli alleati, chiamati a remare "tutti nella stessa direzione".

 

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