Sanità

Le sfide del nuovo direttore generale del Policlinico San Martino dopo la morte di Salvatore Giuffrida
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di Tiziana Oberti

GENOVA - Un super-Policlinico a livello nazionale 'svecchiato' e ancora più tecnologicamente avanzato che possa attirare professionisti, il completamento del programma trapianto di cuore, la certezza di terapie sempre più innovative a servizio dei liguri, un rapporto stretto con l'Università. Sono queste le grandi sfide che si troverà di fronte il nuovo direttore generale del Policlinico San Martino di Genova che subentrerà a Salvatore Giuffrida morto improvvisamente il 17 gennaio scorso (LEGGI QUI).

La "specificità" dell'ospedale e del suo rapporto con il territorio e gli altri nosocomi sono il nodo centrale da cui poi scaturiscono tutti gli altri. Il nuovo direttore generale dovrà decidere se vuole andare verso un policlinico sempre più specializzato, che possa competere con altre grandi aziende ospedaliere-universitarie italiane, o no. Se deciderà di seguire la scia di cambiamento che aveva intrapreso Giuffrida, bisognerà rimboccarsi le maniche, non preoccuparsi dei 'mal di pancia' di qualcuno e andare dritti per il bene dei liguri e della sanità. Servirà una riorganizzazione effettiva della rete intesa come coordinamento, chi fa cosa insomma, senza inutili e costosi doppioni.

Il trapianto di cuore sarebbe il simbolo concreto di questa volontà. Puntare sempre di più nell'alta complessità lasciando agli altri centri la bassa, senza dimenticare un equilibrio che sarà necessario in modo da rispondere ai bisogni. In questo senso il polo degli Erzelli dovrebbe aumentare la specializzazione in una sorta di San Martino 2 che rappresenti però anche l'ospedale del Ponente che quella parte di Genova aspetta da decenni. Puntare sulle specializzazioni, chirurgie e terapie specialistiche e iperspecialistiche, quindi, riducendo la piccola chirurgia e medicina.

Un Policlinico che non bisogna dimenticare è IRCCS, istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, per l'oncologia e le neuroscienze. In questo senso il primo obiettivo è quello di continuare a sviluppare e garantire l’accesso a quelle terapie innovative clinicamente efficaci di alta complessità per dare ai liguri le possibilità di cura che altrimenti dovrebbero cercare fuori regione o fuori Italia; il secondo continuare a migliorare e rendere più efficace il sistema di diagnosi e cura per le situazioni ad alta complessità.

Altro segno, simbolo concreto di cambiamento sarebbe il riconoscimento dell'IRCCS anche per la parte cardiovascolare coprendo così come cura e ricerca i tre grandi capitoli: oncologia, neuroscienze e cardiologia. E per questo entro marzo va presentata la richiesta al Ministero.

Bisogna poi garantire le risorse tecnologiche e logistiche per diventare un concreto punto di riferimento nazionale, sfruttando anche le nuove tecnologie, la collaborazione con l'Istituto italiano di tecnologia (IIT) e per questo servono investimenti strategici sui macchinari. E poi il potenziamento e sviluppo dell'intelligenza artificiale, una sfida epocale per il futuro (sviluppo del Computational Lab, algoritmi, virtual training).

Sul fronte della chirurgia generale, sempre nell'ottica di dedicarsi principalmente alla complessità, in molti da tempo chiedono il potenziamento per esempio della chirurgia del pancreas, del fegato, del colon retto e dei tumori polmonari. Ma il nuovo direttore generale, dicono i ben informati, avrà il suo da fare a tenere a bada i chirurghi.

Sul fronte dell'edilizia entro la primavera dovrebbero partire i lavori per il nuovo pronto soccorso, lo aveva annunciato lo stesso Giuffrida lo scorso 28 dicembre (CLICCA QUI), di certo non risolverà il problema della carenza di medici d'emergenza e le criticità di quella specialità ma sarà un grosso cambiamento.
C'è poi, per esempio, anche il completamento del padiglione laboratorio dove all’ultimo piano deve andare anatomia patologica.

Sulla carta poi c'è anche l’ammodernamento alberghiero del Monoblocco, finanziato ma mai avviato.

Focalizzare l'attenzione su un solo aspetto della missione del San Martino sarebbe un grave limite, occorre una visione ampia, non chiudersi verso l'esterno, quello che è certo è che se l'innovazione e l'impulso allo svecchiamento che in molti professionisti avevano riconosciuto in Giuffrida non ci fosse più, il rischio potrebbe essere una diaspora di professionisti che la sanità ligure non può assolutamente permettersi viste anche le difficoltà di carenza di personale.

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