GENOVA - "Nel 2019 eravamo 25 medici oggi siamo 14 e da gennaio saremo 12 perchè lasceranno altre due dottoresse quindi in 4 anni ho perso la metà dei medici". A scattare la fotografia dell'organico del pronto soccorso dell'ospedale Villa Scassi di Genova Sampierdarena è il suo direttore Alessandro Rollero.
"La maggior parte hanno scelto di diventare medico di medicina generale perchè non hanno retto dal punto di vista psicologico e fisico".
Ma come si fa a mandare avanti un pronto soccorso che dà risposte a 350 mila persone con metà organico? Rollero risponde con un sorriso amaro: "Non so come facciamo, so però che si sta pensando a livello regionale a realizzare una rete di medici di medicina d'urgenza dell'area metropolitana genovese che possa funzionare come un mutuo soccorso oggi sono difficoltà io e mi aiuti tu e domani viceversa, penso che sia un'idea assolutamente giusta anche perchè in pronto soccorso abbiamo bisogno di medici d'urgenza".
Ogni anno sempre meno giovani medici decidono di lavorare in pronto soccorso. Le borse di specializzazione in medicina di emergenza e urgenza ci sono, ma rimangono sempre più spesso non assegnate.
Al pronto soccorso per male al ginocchio o alla gola, al Villa Scassi il 65% di accessi impropri
Il fenomeno della fuga dei medici dal pronto soccorso sta mettendo in seria difficoltà tutto il sistema sanitario nazionale. Tra le cause i ritmi di lavoro sempre più pesanti, anche a causa della carenza di personale. Il carico di lavoro rispetto ad altre specializzazioni non è paragonabile. La medicina d’urgenza è poi una delle poche in cui è difficile esercitare in libera professione, garantendosi, almeno ad un certo punto della carriera, una qualità di vita più accettabile.
"Il Covid ha dato la mazzata al lavoro più bello del mondo i turni sono diventati massacranti e la vita privata ridotta al lumicino, non c'è da sorprendersi che i giovani oggi non lo vogliano più fare".
Si parla delle cause di questa fuga da anni ma soluzioni concrete e per il lungo periodo non sono state prese.
Per cercare di sopperire alla carenza di professionisti in pronto soccorso negli ultimi anni i governi hanno progressivamente aumentato il numero di borse di specializzazione in emergenza e urgenza. Nell’arco di pochi anni le borse sono quasi decuplicate: si è passati dalle 130 del 2015, alle 855 del 2023. Di queste però, solo 266 (il 69%) sono risultati assegnati, con ben 4 scuole senza nessuna assegnazione ma aumentare i posti di lavoro serve a poco, se quel lavoro viene percepito come scarsamente attrattivo perché massacrante e privo del giusto riconoscimento.
La medicina d’urgenza è all’ultimo posto tra le preferenze dei laureati in medicina che entrano nelle scuole di specializzazione. Per prendere una borsa è sufficiente un punteggio basso e l’altro anno la metà dei posti è rimasta vuota.
Non è da meno il problema della sicurezza sul luogo di lavoro. Secondo la federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso) sono più di 3.000 all’anno gli episodi di violenza ed aggressioni che si verificano in pronto soccorso e il 75% riguarda donne, dato preoccupante e che sicuramente non invoglia ad intraprendere questo percorso professionale in assenza di tutele.
IL COMMENTO
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