GENOVA - Parlando di prevenzione la divisione è netta: mentre per le donne inizia da giovanissime e continua per tutta la vita, gli uomini si affacciano a quel mondo ancora troppo tardi, ritardando diagnosi e di conseguenza, la cura.
Lo ha spiegato ai microfoni di Primocanale Carlo Ambruosi, responsabile di Urologia di Asl 3: "Sul tema prevenzione la popolazione maschile, rispetto a quella femminile, è indietro proprio da un punto di vista culturale. La donna, già in età giovanile, va frequentemente dal ginecologo e dal senologo, l'uomo invece ci arriva molto più tardi, solitamente verso i 50 anni quando si ricorda della prostata".
"Il problema è che esistono una quantità di problematiche uro-andrologiche che non sono legate solo alla prostata - continua Ambruosi -: penso all'infertilità, quindi al varicocele. Questa patologia riguarda circa il 20% della popolazione maschile e si associa all'infertilità: pensate che il 40% di chi soffre di varicocele è infertile".
Il varicocele normalmente è asintomatico, una percentuale molto bassa di pazienti accusa una sensazione di gonfiore durante attività fisica oppure un'alterazione delle vene nella zona interessata.
Serve quindi un cambio di pensiero per la popolazione maschile, che deve far entrare la prevenzione nella quotidianità: "È una patologia che veniva diagnosticata bene durante il periodo del militare obbligatorio, con la visita di leva, mentre ora gli uomini lo scoprono con 20 anni di ritardo: magari quando provano ad avere un figlio e non riescono".
IL COMMENTO
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