I due anni di lockdown e pandemia hanno contribuito anche a un calo di tutti i controlli ginecologici, inclusi quelli per le donne in menopausa. L'anno peggiore è stato il 2020, ma anche nelle ultime settimane con un nuovo aumento dei contagi le donne sono più restie a recarsi presso ginecologi e ambulatori.
Lo ha raccontato a Primocanale Sandro Massimo Viglino, Presidente associazione ginecologi territoriali della Liguria: "Durante la pandemia c'è stata una riduzione notevole di tutti i controlli ginecologici. Tutte le donne si sono sottoposte a minori controlli da ogni punto di vista, purtroppo anche quelli di tipo preventivo. L'anno veramente tragico è stato il 2020. Nel 2021 la situazione si era ripresa ma poi una risalita dei contagi da virus, ancora in atto, di nuovo c'è stato un certo condizionamento da parte delle donne".
Anche l'approccio alla menopausa è cambiato, racconta Viglino: "In questi anni, rispetto ad esempio a 20 anni fa, le donne si sono allontanate di più dalla terapia ormonale sostitutiva anche perché le false credenze sul ruolo negativo degli ormoni hanno vinto sulla necessità di avvicinarsi a queste terapie. Le donne hanno diffidenza ad avvicinarsi a terapie che in alcuni casi potrebbero invece essere favorevoli per migliorare la qualità della loro vita. C'è stata una pubblicità negativa sugli effetti degli ormoni".
A chi è consigliata la terapia ormonale? "La terapia è consigliata in caso di sintomi: vampate di calore e disturbi del sonno sono i più frequenti e più precoci. Altri sintomi possono essere dolori articolari, disturbi dell'umore, difficoltà di attenzione a distanza poi i disturbi legati al calo della produzione degli estrogeni ovvero l'atrofia della cute e delle mucose. La carenza di estrogeni può contribuire per esempio a cistiti ricorrenti abatteriche che possono essere molto fastidiose. Tanto più è precoce l'inizio delle terapie tanto più sono efficaci", spiega il dottor Viglino.
IL COMMENTO
"Breathe": la politica ha il dovere di ricordare i giorni del Covid
Il docufilm sul Covid, una lezione per la giunta che deve rifare la sanità