Politica

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Da oggi Marco Doria ha di fronte tutti i problemi di Genova. Dovrà continuare ad ascoltare come ha fatto nella sua faticosa campagna elettorale, non da solo, ma insieme a una squadra che dovrà essere necessariamente forte e coesa, senza primi della classe e senza portatori di tessere o interessi di sottocorrenti.

L’impressione che abbiamo dall’esterno è che Doria sia davvero fuori
dall’assedio se assedio dei partiti c’è stato. Che sia riuscito a reggere l’impatto con i logici condizionamenti e le aspirazioni dei capo-partito, soprattutto perché ha dalla sua una forza che viene dal risultato elettorale: i genovesi, pochi ma pur sempre elettori e quindi assolutamente legittimati, hanno dichiarato la fine della politica dei nominati. Ora Doria deve cancellare la politica delle clientele, tenere fuori dal portone di Palazzo Tursi i questuanti di professione, ma aprirlo alla città.

Avrà di fronte uno strano consiglio comunale, un primo confuso esperimento di nuovo parlamento nazionale. E la vera opposizione verrà non dal centrodestra sciolto come neve al sole, ma dalla formazione di Putti, dal movimento 5 Stelle che rappresenta le nuove richieste, piaccia o non piaccia.

Non potrà far finta che non sia così: cadrebbe nell’errore che stanno commettendo anche a Genova alcuni rappresentanti della politica di ieri e dell’altro ieri, ancora convinti che i corridoi e le cene segrete possano determinare il futuro di una città.