cronaca

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“Quando si parla di certi argomenti bisogna prima pensare, usare il cervello, poi parlare”. Senza giri di parole Giacomo Deferrari, rettore dell’Università di Genova, interviene sulla polemica legata a Paolo Becchi. Nel corso di una trasmissione radiofonica il docente di Filosofia del diritto ha alzato un polverone con la frase "Saccomanni? Non lamentiamoci se la gente prende i fucili". Polemica solo in parte smorzata con una smentita in serata. “Lui dice che ha scherzato? Ciascuno dà la sua interpretazione però bisognerebbe pensarci bene prima di parlare”, affonda il rettore.

“Sono convinto che forse non si sia reso conto di quello che diceva. Soprattutto per le ricadute potenziali che le parole potevano avere. Probabilmente è solo ingenuità - continua Deferrari - però stiamo parlando di un professore e non di un analfabeta che magari non si rende conto di quello che dice”.

A Paolo Becchi la polemica piace. Non è la prima volta che si trova al centro di un polverone mediatico. “È un professore quindi bisogna stare attenti. Posso pensare che fosse in buona fede, ma è un argomento per cui è difficile parlarne così per dire. Ci siamo già incontrati mesi fa e da collega gli direi di stare attento a quello che dice. Siccome ho sentito chiaramente che poi ieri sera ha detto ‘Io scherzavo’, allora gli ripeterei di stare attento perché è un argomento su cui si può scherzare in salotto ma non in televisione, sulla rete o sui giornali”.

Sul piano accademico il professore ordinario Becchi non rischia nulla, almeno per ora. “Non tocca a me perché c’è un consiglio di disciplina. La libertà di espressione esiste. È ovvio che uno non è libero di dire ‘ammazziamo tutti’. Questo caso è un po’ borderline – conclude il rettore Giacomo Deferrari - ne parleremo e valuteremo”.

La risposta del professore, fino a ieri considerato l’ideologo del Movimento 5 Stelle, non si fa attendere e cita un precedente illustre. “Mi vogliono costringere nella situazione di Galileo Galilei! Ma dove siamo arrivati, all’inquisizione? Non ho niente da nascondere di quello che ho detto. È stata magari un’ingenuità parlare di fucili in quella determinata situazione, ma era un uso metaforico e non reale. Non voleva dire che domani la gente prenderà i fucili”. Alla domanda se oggi ripeterebbe le stesse frasi, Becchi risponde in tono secco: “Il concetto che ho voluto esprimere, al di là delle parole che ho adoperato, lo ripeterei sicuramente anche oggi. Non ho da ritrattare proprio niente”.