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Il caso del supercanone che la Rai ha chiesto ai possessori di partita Iva esplode in commissione di vigilanza. Il Senatore del gruppo Misto Maurizio Rossi, durante l'audizione del sottosegretario alle telecomunicazioni Giacomelli, ipotizza una truffa della Rai ai danni dei cittadini con conseguenze penali e invoca le "dimissioni dei responsabili" nella televisione di stato".

Nel suo intervento Rossi denuncia: "Vogliono far passare un chiaro tentativo di prelievo fiscale abusivo come una comunicazione informativa. Sfido chiunque - aggiunge Rossi - a leggerlo come una «comunicazione informativa» e non come una richiesta di pagamento. Anche perché corredato da un perentorio «nel caso non aveste ancora provveduto vi invitiamo ad effettuare il pagamento per evitare così di incorrere nelle sanzioni previste dalla legge»".

Il presidente di Liguria Civica ipotizza che questo comportamento rientri in quanto previsto dall'articolo 640 del codice penale che prevede la fattispecie incriminatrice della truffa. “Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032.”

Rossi ha concluso il suo intervento chiedendo che "Qualcuno possa assumersi la responsabilità dell’errore commesso, magari rassegnando le dimissioni. Sarebbe un bel gesto di fronte a un’opinione pubblica stanca dei privilegi e dell’arroganza del servizio pubblico televisivo". e chiede anche la costituzione di una commissione parlamentare di inchiesta ad hoc sul questo caso.


Ecco il testo dell'intervento del senatore Rossi:

Egregio sottosegretario, egregio presidente, cari commissari, con sdegno e preoccupazione vi sottopongo qualche mia considerazione in tema di canone speciale per i possessori di un apparecchio dotato di sintonizzatore. Sono di oggi le notizie di stampa riportate sul quotidiano Il Giornale in tema di canone speciale.

Nel leggere l’articolo sono davvero rimasto sorpreso dalle risposte che la Rai ha fornito, così celermente, alla carta stampata. In primo luogo, colpisce il contenuto risibile delle argomentazioni della Tv di Stato, già ampiamente anticipato dal comunicato redatto dall’azienda in cui si parla di “comunicazioni informative prive di connotati precettivi o intimativi”; successivamente colpisce, e ferisce, che una campagna di stampa meriti risposte precise e puntuali mentre a noi commissari sono riservate solo risposte generali nella migliore delle ipotesi, elusive in altri casi, ma che in ogni caso arrivano con ritardi di tempo inaccettabili.
 
Entrando nel merito della risposta della Rai, vogliono far passare un chiaro tentativo di prelievo fiscale abusivo con una comunicazione informativa. Non sono un tecnico del diritto ma la condotta tenuta dalla Rai mi fa sorgere il dubbio che essa possa rientrare in quella descritta nell’art. 640 c.p. che prevede la fattispecie incriminatrice della truffa. Il testo penalistico dice: “Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032.” Per verificare la presenza dell’artifizio o del raggiro potrebbe essere utile confrontare la lettera inviata per obbligare al pagamento del canone e la successiva risposta dell’ufficio legale della Rai.

Mi chiedo se si applichi anche il secondo comma del 640 c.p., che recita: “La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1549: se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell’autorità”. Mi riservo di approfondire tali aspetti inquietanti, chiedo che lo faccia anche l’ufficio legale della RAI, attendo la risposta alla interrogazione che ho presentato su tale canone straordinario e mi riservo di trasmettere gli atti all’Autorità Giudiziaria.
 
Lo ha riconosciuto persino il sottosegretario al ministero dell’Economia (unico azionista dell’azienda pubblica): le lettere inviate dalla Rai sono un pasticcio. Allego uno dei bollettini di pagamento allegati alle vostre comunicazioni. E sfido chiunque a leggerlo come una «comunicazione informativa» e non come una richiesta di pagamento. Anche perché corredato da un perentorio «nel caso non aveste ancora provveduto vi invitiamo ad effettuare il pagamento per evitare così di incorrere nelle sanzioni previste dalla legge».

Chiarito che il contenuto della comunicazione non era affatto informativo, si resta basiti per la tempistica d’azione (la lettera è del giugno 2014). La Rai vuole recuperare i 150 milioni detratti per esigenze di spending review rivalendosi sui cittadini italiani. Il governo decide di togliere loro una piccola parte del finanziamento e per reazioni intendono rifarsi sui cittadini? Questa dinamica ha dell’incredibile. Sempre rispondendo alle domande poste dal Giornale colpisce quella che riguarda le modalità attraverso le quali le imprese devono provare di non possedere un apparecchio atto alla ricezione. Di seguito, la risposta: “Le imprese che ricevono le lettere Rai possono far pervenire comunicazioni alla Direzione Canone inoltrando la cartolina preaffrancata di cui si è detto, contattando il call center 199.123.000, gli sportelli al pubblico o l’indirizzo di posta elettronica dedicato: .”
 
Innanzitutto qui c’è stata una (ingiusta) inversione dell’onere probatorio: la Rai sbaglia, ma sono i cittadini a dover dimostrare qualcosa. Tra l’altro, l’azienda sbaglia senza chiedere scusa, attuando il meccanismo della pesca c.d. a strascico tanto caro in viale Mazzini. Vieppiù le imprese sono obbligate a contattare un call center a pagamento. Ossia l’azienda di stato sbaglia e, a fronte di un’inversione ingiustificato dell’onere di prova, obbliga le imprese incolpevoli a spendere altri soldi contattando un call center a pagamento. Siamo veramente di fronte ad un’arroganza ingiustificabile ed impunita che va avanti, nel silenzio della politica, da troppo tempo.

Caro sottosegretario, caro presidente, il pasticcio è stato commesso. Il danno in termini di credibilità è difficilmente rimediabile. Come pensiamo che in tempi di crisi il Governo decida di togliere 150 milioni di fondi alla rai che poi vuole rifarsi sui cittadini imponendo un pagamento di 400 euro? Il dado ormai è tratto ma spero che, almeno questa volta, qualcuno possa assumersi la responsabilità dell’errore commesso, magari rassegnando le dimissioni. Sarebbe un bel gesto di fronte a un’opinione pubblica stanca dei privilegi e dell’arroganza del servizio pubblico televisivo.

Chiedo di valutare la costituzione di una commissione parlamentare di inchiesta ad hoc sul questo caso.

Grazie.