Quando si sposarono la prima volta, nel 1929, Diego Rivera aveva 42 anni, Frida Kahlo venti di meno. Ma allora la differenza non era soltanto anagrafica quanto soprattutto artistica: lui aveva alle spalle sette anni di accademia e quattordici di perfezionamento in Europa, lei era un'autodidatta; lui era celebre, con il prestigioso Moma di New York che aveva già ospitato una sua personale, lei avrebbe allestito la prima mostra soltanto nove anni dopo.
Anche i temi sulle tele non avrebbero potuto essere più differenti: il radicale Rivera, l'intellettuale iscritto al Partito Comunista messicano, dipingeva i suoi murales di lotta e battaglia sugli edifici pubblici di Città del Messico; lei, passionale e indipendente, al di là degli slanci politici che pure non le mancavano introitava artisticamente la tragedia che l'aveva colpita a soli 18 anni quando un terribile incidente le spezzò colonna vertebrale e ossa, costringendola a 32 operazioni chirurgiche e consegnandola a un senso di solitudine che trasfigurò artisticamente lanciando nei suoi quadri messaggi di sofferenza universali che finirono per trasformare lei, la più debole dei due, nella celebrità della coppia, indiscussa icona della cultura messicana del secolo scorso.
E' a questa coppia, sicuramente una delle più importanti dell'arte del '900, che una volta venne definita 'l'unione di un elefante con una colomba', che Genova rende omaggio con la mostra che Palazzo Ducale ospiterà fino all'8 febbraio 2015, un percorso espositivo che racconta da un lato lo stretto legame che li unì e dall'altro in che modo sia stata valutata, nel corso degli anni, la loro realtà artistica.
Curata da Helga Prignitz-Poda, insieme con Christina Kahlo (pronipote di Frida) e Juan Coronel Rivera (nipote di Diego), riunisce tele - alcune inedite per l'Italia - provenienti dai principali musei del mondo e opere appartenenti ad altre collezioni pubbliche e private in Messico, Stati Uniti ed Europa. A completare il progetto, una selezione dei ritratti fotografici di Rivera e Kahlo, disegni e abiti. Perché se da un lato si vuole approfondire l'evoluzione del suo percorso artistico, dagli esordi in qualche modo legati al Realismo magico passando per quello americano degli anni venti e trenta di Hopper e O'Keefe fino al versante più dichiaratamente ideologico e politico ispirato dallo stesso Rivera, a prevalere è il tema dell'autorappresentazione.
Non è un caso che per per l'immagine della mostra sia stato scelto il famosissimo 'Diego nei miei pensieri' che racchiude in una sola tela lui e lei, il rivoluzionario e la sognatrice, colei che è diventata non solo il simbolo dell'avanguardia artistica e dell'esuberanza della cultura del suo paese nel Novecento ma anche una vera e propria icona pop, colei alla quale il destino è riuscito a straziare il corpo ma non l'indomita esuberanza che l'avrebbe accompagnata per sempre, colei che diceva "a che mi servono i piedi, se ho ali per volare".
IL COMMENTO
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