economia

4 minuti e 41 secondi di lettura
La stanca reiterazione dell’ improduttivo dibattito sui destini di Finmeccanica che va avanti da oltre dieci anni può persino spiegare, ma non giustificare, l’assordante silenzio delle istituzioni e la disattenzione dell’opinione pubblica di fronte a una nuova e forse decisiva puntata della querelle. Il problema è sempre quello: concentrazione del Gruppo soltanto sul core business militare-aeronautica e dismissione del settore civile oppure mantenimento dei due comparti, o ancora articolazione di questi in due holding o subholding separate. Lo Stato, azionista e cliente di riferimento, e i governi che si sono succeduti  incapaci di esprimere in oltre dieci anni uno straccio di politica industriale sul futuro della più importante e avanzata impresa tecnologica italiana abbandonata spesso al degrado. Oggettivamente sconcertante  e personalmente avvilente per chi  come me  si è occupato, lungo tutto l’arco della vita professionale e nel breve periodo speso in parlamento,  di industria e di politica industriale. A titolo d’esempio: il 22 dicembre del 2004 con l’allora collega on. Roberta  Pinotti presentammo un’interpellanza urgente alla Camera sostenendo la tesi, riccamente argomentata, dell’inscindibilità del Gruppo.
 
Il 27 luglio del 2005, sempre con  l’on. Pinotti, riuscimmo a far condividere una risoluzione parlamentare che “impegnava il governo” ( allora  Berlusconi) :
- “1. al superamento della focalizzazione del Gruppo Finmeccanica esclusivamente sul core business delle attività per la difesa e alla contestuale definizione del ruolo e della strategia che la finanziaria pubblica assumerà nell’assetto proprietario e nella gestione delle aziende del settore Energia e Trasporti;
- 2. alla definizione di linee strategiche di politica industriale volte all’adeguamento e all’ammodernamento dei settori Energia e Trasporti favorendo l’attivazione della domanda;
- 3. all’aumento e alla rapida realizzazione di investimenti in ricerca e sviluppo nei settori Energia e Trasporti;
- 4. all’adozione di nuove misure di pianificazione e incentivazione pluriennali volte a favorire investimenti industriali nelle energie alternative, nella mobilità eco-compatibile e nella sicurezza dei trasporti.”

Ciò che sconcerta e avvilisce è non soltanto che a circa dieci anni di distanza siamo ancora lì ma che le ragioni a favore di una scelta piuttosto che dell’altra sono sempre le stesse: da un lato l’urgenza del Gruppo di “fare cassa”  e la volontà di focalizzare gli investimenti , dall’altro lato i vantaggi derivanti dalle sinergie civile-militare e la strategicità dei comparti Energia e Trasporti. Adesso è approdato alla guida di Finmeccanica l’ing. Moretti, delle cui capacità e della cui probità nessuno dubita, per imporre, sembra col pieno sostegno del governo, la dura legge della totale dismissione del civile. Naturalmente con gli argomenti di sempre. Senza peraltro che in questi anni una vera strategia di sviluppo di questo comparto, sia mai stata tentata col supporto di politiche industriali adeguate. 

Nonostante le incertezze derivanti dall’essere dichiarate eternamente in vendita le aziende del civile, con la sola esclusione di Ansaldo Breda peraltro oggi in ripresa, Ansaldo Energia e Ansaldo STS, hanno assicurato fior di utili al Gruppo. Ansaldo Energia è però già stata allocata altrove e la stessa sorte sembra ora toccare al comparto Trasporti e forse a una parte di Selex. Non voglio più aggiungere vacue parole a un dibattito  che si è protratto per oltre due lustri per approdare a conclusioni che non possono che essere presentate da chi ora dispone delle leve di comando come la presa d’atto, l’inevitabile conseguenza, di mancate decisioni o decisioni sbagliate del passato.

Dico soltanto che è una vergogna che il paese, città di nobili tradizioni industriali come Genova, le imprese e coloro che vi lavorano siano costretti a pagare prezzi assurdi all’incapacità dello Stato di esprimere   un disegno volto a tutelare e rafforzare le capacità tecnologiche e professionali ancora, e nonostante tutto, molto robuste nella più grande impresa dell’alta tecnologia italiana. In questo quadro desolante conforta la presenza nella compagine governativa della senatrice Roberta  Pinotti, ora ministro della Difesa che, ne sono certo, col peso che Le deriva dal prestigioso, e mi auguro non conflittuale, ruolo che ricopre, saprà esprimersi in piena coerenza con quel che ha sempre sostenuto. Le soluzioni non mancano. Per esempio favorendo l’integrazione in un Gruppo dedicato al civile di tutte le risorse di questo comparto che fanno capo al Tesoro, così come auspicato da un gruppo di sostenitori di questa causa capitanato da Gio Batta Clavarino, storico presidente di Ansaldo. Agli atti parlamentari sopracitati e ai molti articoli sull'esigenza di tornare a puntare sull'industria c’è davvero poco da aggiungere.

Resta soltanto da ribadire a proposito di Selex  che sarebbe una vera follia  rottamare l’unità genovese svuotandola, a favore di altre unità, delle eccellenti competenze  relative alle comunicazioni militari, separando attività trasversali multi task  come l’informatica delle reti e della sicurezza, rinunciando a sfruttare nei due comparti il know how nel campo dell’automazione e della logistica , più in generale abbandonando le ottime, e abbastanza uniche, capacità sistemistiche spendibili in più mercati. L’ing. Moretti ha detto che su Selex deve ancora analizzare e decidere. Auguriamoci lo faccia a ragion veduta senza ascoltare le sirene romane che da sempre intendono spegnere quel che Genova ha inventato e costruito e tuttora è in grado di produrre e sviluppare.