L’emergenza causata dal massiccio flusso di migranti verso l’Europa è stata senza dubbio l’evento che ha dominato l’informazione nell’estate 2015. Non si tratta di un problema contingente, destinato a sparire presto. La presenza di conflitti, come in Siria, e di regimi dispotici, come in Eritrea, oltre al problema del permanente sottosviluppo di molti paesi africani, induce a pensare che i flussi migratori dureranno ancora per molto tempo.
L’Europa si è mostrata incapace di elaborare una risposta comune, lasciando gli stati in prima linea, come Italia e Grecia, da soli ad affrontare l’emergenza. Il tentativo del presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, di trovare un accordo per la ripartizione di 40mila migranti è fallito, scontrandosi contro l’indisponibilità di paesi come il Regno Unito ad accogliere i profughi e contro la mancata accettazione di quote di accoglienza obbligatorie da parte di altri.
Sembra che nei prossimi giorni tale proposta sarà riproposta in forma emendata, lasciando ai Paesi la possibilità di non accogliere i migranti dietro il pagamento di una somma che potrebbe essere usata per compensare i Paesi che invece lo faranno.
Per quanto i dettagli non siano ancora noti, questo meccanismo pare ispirarsi a una proposta avanzata sul New York Times da Peter Schuck, un docente della Yale Law School. L’idea è quella di adottare un approccio di mercato all’accoglienza. Più esattamente, secondo l’autore, un’agenzia europea dovrebbe innanzitutto definire il numero di migranti da accogliere in un certo orizzonte temporale e, contestualmente, la quota che ciascun paese europeo dovrebbe ricevere, sulla base di criteri come il Pil, la popolazione e la dimensione, oltre che sulla base dei migranti già accolti in passato.
Ma la vera innovazione della proposta di Schuck è che i paesi potrebbero decidere di fare una compravendita dei permessi di ingresso. Ad esempio, un paese che si vede assegnati mille migranti e che non li vuole accogliere, può cercare di convincere un’altra nazione a farsene carico, ovviamente dietro una compensazione. In altre parole, l’idea è di costruire un sistema di cap-and-trade come quello per le emissioni inquinanti, sfruttando la diversa disponibilità dei vari paesi ad accogliere migranti o, viceversa, a pagare pur di non doverli accogliere. La proposta della Commissione Europea, pare di capire, non arriverà a proporre l’attivazione di tale mercato ma si limiterà a stabilire un prezzo prefissato da versare alla Commissione Europea per chi volesse sottrarsi all’accoglienza dei migranti.
Ci sono varie obiezioni che possono essere avanzate contro questo meccanismo. L’idea di quantificare in euro l’avversione ad accogliere esseri umani all’interno di un Paese è ripugnante per molte persone. Ma la stessa riluttanza, spiega l’autore, c’era nell’accettare un mercato delle emissioni inquinanti, che adesso invece è comunemente accettato. A conferma di ciò, si può notare che è stato da poco raggiunto un accordo tra Australia e Cambogia che va in tale direzione.
Un’altra obiezione è che questo meccanismo non tiene in alcun conto le preferenze dei migranti, i quali potrebbero essere allocati in paesi nei quali non desiderano andare per difficoltà di integrazione o per scarsa attrattività economica oppure perché membri della loro famiglia si sono stabiliti altrove. Ma è improbabile che considerazioni sul benessere dei migranti dettino la politica di accoglienza dell’Europa.
Ci sono però anche obiezioni che riguardano l’efficacia del meccanismo. Innanzitutto la proposta di Schuck riguardava solo i migranti che hanno il diritto a chiedere asilo e non anche per i migranti per ragioni economiche. Non è ancora chiaro quanti saranno i migranti nei prossimi anni ma pare difficile che l’Europa possa accoglierli tutti.
In secondo luogo, se il presidente Juncker non è riuscito a far accettare quote obbligatorie di accoglienza, non è chiaro perché dovrebbe riuscire a fare accettare il meccanismo rivisto con la clausola di esenzione dietro pagamento. E anche se ci fosse un’adesione di principio, lo scontro si sposterebbe sui criteri condivisi di allocazione iniziale dei migranti.
Infine, anche se questo passo fosse compiuto, considerazioni di natura politica potrebbero giocare contro l’efficacia del meccanismo. Pensiamo a quanto sarebbe facile per i partiti contrari all’immigrazione puntare il dito contro un governo che paga un altro paese per non avere immigrati o che accetta un pagamento per ospitarli. Sarebbe probabilmente molto complicato convincere l’opinione pubblica che il prezzo è giusto.
Il problema dell’immigrazione sarà una priorità nell’agenda dei governi europei per molto tempo. È doveroso pensare a ogni possibile meccanismo che possa almeno alleviare l’impasse politica europea, ma è bene ricordare che soluzioni semplici non esistono, se non nella retorica della politica dei populisti in cerca di facili consensi.
*articolo pubblicato originariamente su Lavoce.info
economia
Accoglienza dei migranti: il prezzo è giusto?
L’idea di lasciare la possibilità di non accogliere i migranti dietro pagamento
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