cronaca

L'inchiesta si allarga, previsioni sfavorevoli all'Italia
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Anche il prestito ponte da 300 milioni di euro concesso all'Ilva finisce sotto la lente della Commissione europea. I servizi dell'esecutivo europeo che vigilano sul rispetto delle regole Ue sulla concorrenza hanno proposto di estendere a questo prestito l'inchiesta già aperta a inizio anno sul pacchetto di misure pubbliche per un valore pari a circa due miliardi di euro.

Per i funzionari Ue, i 300 milioni potrebbero rappresentare un aiuto di Stato concesso in violazione di quanto previsto dalle norme europee. La proposta è ora al vaglio delle altre direzioni generali della Commissione e la decisione finale potrebbe arrivare tra la fine del mese e la prima metà di maggio.

L'estensione dell'indagine - che non pregiudicherebbe comunque l'eventuale via libera agli aiuti destinati alla salvaguardia dell'ambiente e della salute pubblica nello stabilimento siderurgico e a Taranto - ha anche lo scopo di consentire all'Italia e a tutte le altre parti interessate di presentare a Bruxelles le loro osservazioni.

Ma interventi ambientali a parte, al momento l'orientamento di Bruxelles sulla pratica Ilva non pare particolarmente favorevole. Anzi. Secondo una valutazione preliminare dei funzionari della direzione per la concorrenza - quella che fa capo alla commissaria danese Margrethe Vestager - il pacchetto di misure al centro dell'indagine aperta il 20 gennaio scorso non può essere considerato compatibile con le linee guida che regolamentano la concessione di aiuti pubblici.

A essere già nel mirino della Commissione sono in particolare il trasferimento dei fondi congelati in Svizzera nel quadro del procedimento contro i Riva (1,2 miliardi circa), 400 milioni di garanzie pubbliche sui prestiti che risalgono a maggio 2015, altri 250 milioni di prestiti concessi a settembre 2014 e 156 milioni pagati da Fintecna a marzo 2015. Restano invece, almeno per ora, fuori dallo schermo radar della Commissione gli 800 milioni previsti per ulteriori interventi in materia ambientale stanziati con la legge di stabilità e non ancora utilizzati.

A spingere la Commissione ad aprire a inizio anno l'inchiesta sull'Ilva sono state le denunce presentata dall'associazione europea di settore Eurofer e da aziende quali la tedesca Tyssenkrupp e la britannica Tata Steel controllata dall'omonimo gruppo indiano. Proprio quest'ultima starebbe però ora bussando alle porte della Commissione alla ricerca della strada da seguire per poter ricevere aiuti pubblici destinati al salvataggio del suo stabilimento siderurgico di Port Talbot, cruciale per l'economia del Galles.

Una delle ipotesi sul tappeto, per Port Talbot, è quella di interventi destinati a tutte le industrie energivore della regione, cioè a un'intera categoria (almeno formalmente) e non a una sola azienda come nel caso Ilva, uno dei motivi per i quali l'Italia è finita sotto inchiesta.