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Sessantamila abitanti e grandi problemi da risolvere
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Savona è una città di sessantamila abitanti con un mega terminal turistico per crociere, un grande porto satellite a Vado Ligure, un incerto destino turistico, grandi aziende industriali nei dintorni con futuro in bilico e migliaia di tonnellate di bitume che incombono nel cuore del vecchio porto.

È il più importante comune della Regione che va al voto in queste anmministrative stile “Ok Corral” del 5 giugno, ma non molti si sono accorti delle ragioni per le quali il risultato elettorale, atteso tra quella data e il 19 giugno del probabilissimo ballottaggio, sono così importanti.

A Savona è in campo Ilaria Caprioglio, candidata del centro destra, in Liguria miracolosamente unito nel modello Toti del successo2015. Si tratta dell'unica novità uscita negli ultimi anni per quel fronte politico, che da tempo non trova candidati degni di un confronto vero.

Salvo il blitz di Toti un anno fa, bisogna risalire alle Comunali genovesi del 2007, con il professor Enrico Musso, estratto dal cilindro da Claudio Scajola, per trovare un'idea nel cervello del centro destra. Poi ci sono state ubriacature come quella di Vinacci e Vinai, nelle successive Comunali genovesi del 2012 e poco altro.

La Caprioglio, avvocato, ex modella, bella ragazza con buona presenza scenica, è un'invenzione di una delle poche teste pensanti della provincia savonese, Luciano Pasquale, oggi presidente delle Camere di Commercio delle Riveiere e molto altro. L'eminenza grigia rientrante, Claudio Scajola, l'ha subito approvata e Toti, il copywriter del modello Liguria, l'ha non solo sponsorizzata, ma entusiasticamente appoggiata.

Ecco perchè, comunque andrà, il risultato Caprioglio sarà un test chiave un anno dopo per capire se quel modello ligure del centro-centro è efficace o se le spinte indogene e endogene che incominciano a muoversi nel corpaccione di Destra, tra Toti centrista e Rixi destrista, indicano già un'altra prospettiva. Con quel che è successo e succederà a Roma nelle elezioni capitoline non ci sarebbe da stupirsi.

Cristina Battaglia, ricercatrice Cnr, funzionaria regionale, la classica testa d'uovo che fa il salto in politica, è la candidata Pd, uscita vincente per 200 voti dalle Primarie, che impersonifica la continuità con il trend che l'anno scorso accompagnò Raffaella Paita nella sua sanguinosa vicenda elettorale.

È passato un anno durissimo, ma la Battaglia resta l'erede di quell'ala del Pd convertito al renzismo che aveva agitato l'oggi desaparecido Claudio Burlando. Certo: oggi la candidata ha anche l'imprimatur del sindaco uscente Federico Berruti, uno che era un renziano della prima ora, poi un po' capottatosi nel suo tentativo abortito di candidatura regionale e in un finale savonese non brillantissimo.

Ma si può sostenere senza temi di smentita che il risultato di Cristina Battaglia andrà letto anche come un appello o un controappello di quello che è successo un anno fa e che ha sbattuto la ex “galattica” Paita a fare il capo dell'opposizione in Regione e Burlando fuori dalla scena politica e mediatica.

Salvatore Diaspro, pentastellato della prima era, quella dei vaffa e delle selezioni on line senza interventi della Dinasty Casaleggio, sarà il termometro elettorale più sensibile e più indicativo per capire tutto il peso del voto savonese. A che punto stanno i 5 Stelle in questa regione, dopo il successo di Alice Salvatore, arrivata terza in Liguria un anno fa?
E, sopratutto, come ci “azzeccano” in una città dal solido passato di sinistra, incrollabilmente confermato per decenni, salvo una rara eccezione anni Novanta?

Nello sprint elettorale ci sono candidati come Marco Ravera, Giorgio Barisone e la stessa “verde” Daniela Pongiglione, che rappresentano un fronte di sinistra-sinistra, radicale, antagonista, ambientalista, ma di loro si ragiona solo per immaginare percentuali-addendi nell'ipotetica somma del ballottaggio.

In una città come Savona un risultato come il boom grillino, dopo dieci anni di altalene renziane a cavallo di Berruti, sarebbe già una bella rivoluzione. Usiamo il condizionale solo per vecchia cautela pre elettorale: non c'è sondaggio più o meno segreto e attendibile, che non indichi i Pentastellati nel ballottaggio.

Savona ha sessantamila abitanti e grandi problemi che ne condizionano il futuro, a partire da quelle decine di migliaia di bitume che il progetto contestato vuole piazzare in porto, a trecento metri dal centro e a settecento dal Duomo. Ha incertezze non sciolte durante il regno Berruti, che pure sedeva alla destra di Dio nella prime Leopolde, essendo un fedelissimo del Matteo Nazionale, come quella del fatidico porto della Margonara, rispuntato dieci anni dopo con sentenza del Consiglio di Stato, quasi un pupazzo a molla dei giochi da bimbi.

Ha la centrale della Tirreno Power, chiusa dalla magistratura, la Bombardier sconfitta nelle gare internazionali, la piattaforma Maersk di Vado. Tutte insieme queste emergenze aspirano o aspirerebbero centinaia se non migliaia di posti di lavoro savonesi.

Insomma, la febbre a Savona, in attesa del voto, è alta, anche se non tutti i temi sono formalmente nell'agenda del sindaco prossimo venturo. E' come se quel verdetto ne racchiudesse molti altri e non solo per la città di Savona, ma per i partiti, per quel che resta di loro, per le alleanze e quel che esse ancora rappresentano nei disfacimenti della politica. Occhio a Savona per capire la Liguria. Non distraetevi.